Il
ferro eme, presente nella carne rossa, è stato trovato far aumentare il rischio
di malattia coronarica del 57 per cento. Mentre
assumere il ferro non-eme attraverso gli alimenti di origine vegetale, non
aumenta il rischio. Il
ferro che si trova nella carne può aumentare il rischio di malattie cardiache,
secondo una nuova meta-analisi pubblicata sul Journal of Nutrition. I ricercatori hanno analizzato i dati
provenienti da 21 studi internazionali, che comprendevano 292.454
partecipanti, per una media di dieci anni. I risultati hanno mostrato che il
ferro-eme (quello contenuto nella carne) ha aumentato il rischio di
malattie cardiache del 57%. Al contrario, scrivono i ricercatori, il ferro
non-eme (quello contenuto nelle verdure) non ha mostrato alcuna relazione
col rischio di mortalità per malattie cardiache. Mangiare
molta carne, specie se rossa, e anche lavorata, è da tempo stato
associato al rischio di cancro all’intestino. Ma, oggi, un nuovo
studio suggerisce che questa abitudine possa far aumentare di ben il
57% il rischio di malattie coronariche e cardiache potenzialmente
mortali.
«L’associazione positiva osservata tra ferro eme e il rischio di malattia coronarica può essere spiegata con l’elevata biodisponibilità del ferro eme e il suo ruolo come fonte primaria di ferro nei partecipanti – hanno scritto i ricercatori – Il ferro eme viene assorbito a una velocità molto maggiore rispetto al ferro non eme: il 37% contro il 5%. Una volta assorbito, può contribuire quale catalizzatore nell’ossidazione delle LDL, causando un’infiammazione dannosa a carico dei tessuti, che è un potenziale fattore di rischio per la malattia coronarica».
I depositi di ferro nel corpo aumentano nel corso del tempo, sottolineano i ricercatori. L’unico modo per ridurre la quantità di ferro nel corpo sono le emorragie, donare il sangue o le mestruazioni.
Poi ci sono alimenti che inibiscono l’assorbimento del ferro, tra cui il caffè, il tè e il cacao.
Per contro, il ferro non-eme può essere più facilmente assorbito se assunto in concomitanza con la vitamina C.
«L’associazione positiva osservata tra ferro eme e il rischio di malattia coronarica può essere spiegata con l’elevata biodisponibilità del ferro eme e il suo ruolo come fonte primaria di ferro nei partecipanti – hanno scritto i ricercatori – Il ferro eme viene assorbito a una velocità molto maggiore rispetto al ferro non eme: il 37% contro il 5%. Una volta assorbito, può contribuire quale catalizzatore nell’ossidazione delle LDL, causando un’infiammazione dannosa a carico dei tessuti, che è un potenziale fattore di rischio per la malattia coronarica».
I depositi di ferro nel corpo aumentano nel corso del tempo, sottolineano i ricercatori. L’unico modo per ridurre la quantità di ferro nel corpo sono le emorragie, donare il sangue o le mestruazioni.
Poi ci sono alimenti che inibiscono l’assorbimento del ferro, tra cui il caffè, il tè e il cacao.
Per contro, il ferro non-eme può essere più facilmente assorbito se assunto in concomitanza con la vitamina C.
La questione del ferro "organicato":
RispondiEliminahttp://valdovaccaro.blogspot.com/2013/09/la-farmacia-donadio-di-morano-calabro-e.html
L'articolo di Vaccaro è del settembre 2013, mentre la ricerca è stata pubblicata nel gennaio 2014.
EliminaCi sono 4 mesi di differenza ma dicono entrambe la stessa cosa.
in realtà il blog di Vaccaro è in piedi da 7 anni, e da sempre spiega ciò che l'igiensimo conosce da sempre... ma ben venga se anche la scienza ufficiale non sponsorizzata dai soliti noti, di tanto in tanto azzecca qualche ricerca
EliminaIo penso che Vaccaro, come tutti noi per altri versi, sia un'avanguardia.
EliminaPrima o poi la scienza ufficiale viene al traino.