Il
sindaco di Brescia, Emilio Del Bono (in foto), è ufficialmente il sindaco degli immigrati.
L’uomo – si fa per dire – è stato premiato dall’associazione bresciana degli
immigrati albanesi, con una targa commemorativa che riconosce al primo
cittadino “un grande impegno per il mantenimento dei valori della convivenza e
dell’integrazione tra le diverse culture ed etnie”. Tradotto: ‘grazie dei
regali che ci hai fatto’. Si chiama ‘voto di scambio’. E' l'epilogo
fatto di sorrisi e fotografie di una serata dedicata all’intercultura e alla
cooperazione, organizzata dalla detta associazione nella sala Cedisu.
Sul
‘piatto’, come ha ricordato ancora Del Bono, una quota di stranieri in città
che arriva a sfiorare le 40mila unità: con le sue circa cento nazionalità
diverse. E il degrado che portano. Non per il sindaco targato Pd, che festeggia
il ‘sorpasso’.
“L’equilibrio
della Brescia di domani – ha concluso il sindaco – è retto dagli immigrati. Tra
10 anni i nuovi nati (dagli stranieri di seconda o terza generazione) saranno
più degli italiani. Senza di loro, la città dimezzerebbe la sua popolazione”.
Sarebbe un dramma, un dramma avere una città con meno auto, più spazi vivibili,
case più ampie. Un’ipotesi assolutamente da scongiurare, del resto, non si sta
meglio a Lagos, in Nigeria, dove la popolazione raddoppia ogni cinque anni,
rispetto a quella città degradata di nome Tokyo, dove invece diminuisce?
In
un Paese serio, un sindaco del genere lo processerebbero per ‘genocidio’,
quello degli abitanti italiani di Brescia sostituiti dai nuovi schiavi dal
Terzo Mondo: è a questo che serve Mare Nostrum. Ma siete così sicuri, del
risultato? Siete certi, che ci faremo ‘sostituire’ pacificamente?
Se per Brescia è un evento per cui stupirsi , per il capoluogo della mia provincia ( Reggio Emilia ) ci sarebbe da stupirsi del contrario.
RispondiEliminaQui è da almeno due decenni abbondanti che le varie amministrazioni ( sempre rigorosamente PDSDSPD ) si mettono a pelle di leopardo davanti a tutti coloro che arrivano o vengono fatti arrivare da queste parti. Reggio Emilia all'inizio degli anni 90 contava 120 mila abitanti , adesso 175 mila , in proporzione , considerando che Brescia arriva intorno ai 200 mila la percentuale di stranieri è più alta.
Il centro città è irriconoscibile , i vecchi negozi devono chiudere o vendere alle emergenti economie cinesi o nordafricane che tra l'altro mandano gli introiti ai loro paesi e qui campano di sussidi.
Avventurarsi in zona stazione è pericoloso di giorno , la sera è per aspiranti suicidi , in compenso fioriscono associazioni e comitati di accoglienza , feste multietniche , gli alloggi popolari per i reggiani sono un miraggio ,così come l'accesso agli asili comunali , non dico gratis ( perchè quello spetta ai cari ospiti ) ma anche a pagamento.
Eppure qui le amministrazioni vivono di rendita : bastano 2 paroline magiche da tirare fuori ad ogni consultazione - lotta partigiana e cooperazione - e i risultati sono sicuri.
Poi non importa che lotta partigiana sia stata strumentalizzata e le coop sono nel frattempo diventati colossi in campo finanziario - edilizio - alimentare che dettano legge sul mercato , va bene così , tanto quando i "vecchi nostalgici" saranno morti ci saranno i "nuovi reggiani" allevati con cura che nel frattempo avranno ottenuto il diritto al voto.
Ingegneria sociale.
EliminaReggio Emilia vive adagiata sugli allori: la Resistenza è storia vecchia. L'accoglienza è la parola d'ordine del momento. Fa tendenza.
I cambiamenti sono minimi e la ranocchia di Chomsky continua a bollire viva.
Fra tutti i supermercati, quelli COOP sono i più cari.