giovedì 15 dicembre 2011

Pesca al cinghiale


Ci sono scuole specializzate nel sopprimere la naturale dotazione di pietà insita in ciascuno di noi. Sono le accademie militari e tutte le caserme sparse in giro per questo sfortunato pianeta. Grazie all’astuto grimaldello della gerarchia, viene inculcato negli adepti il principio della liceità della sopraffazione dell’altro. Se il superiore ordina, l’inferiore ubbidisce, metodo caro a mafiosi, gesuiti, militari e forze dell’ordine. Mentre la mafia ha metodi tutti suoi di finanziamento e la Compagnia di Gesù riceve denaro dal Vaticano, le ultime due categorie si approvvigionano grazie ai soldi dei contribuenti, avanzando il pretesto, rispettivamente, della difesa da ipotetici nemici esterni e reali nemici interni. In virtù di questo escamotage, i militari impinguano i loro conti correnti bancari e ingombrano gli arsenali, nell’attesa di riuscire ad individuare un nemico esterno che gli fornisca una ragion d’essere. Le forze dell’ordine, parimenti, anche se pubblicizzano le loro imprese contro la malavita (che Dio la benedica, pensano gli sbirri), attuano la loro primaria ragion d’essere tutte le volte che reprimono le manifestazioni di protesta dei cittadini, fungendo da controllori e punitori del dissenso.


Conosco poco i gesuiti ma, per quanto ne so, nelle altre categorie spesso s’infiltrano individui malati mentalmente che un qualsiasi psichiatra non esiterebbe a definire sadici. Solo con l’imbarazzante presenza di sadici si spiegano i bambini e le donne sciolte nell’acido, il nonnismo diffuso nelle caserme e le sevizie ai danni di persone arrestate. Se nei paracadutisti della Folgore si ritrovano fascisti di prim’ordine, fanatici del Duce e altri malati mentali di questo genere, nella polizia e nei carabinieri si lascia ampio spazio a emeriti imbecilli di scarsa cultura e minore moralità, pronti a menar le mani pensando di farla franca, senza preoccuparsi dello stato di salute del drogato di turno, ucciso spesso a botte per pura malvagità.
E fin qui stiamo parlando di istituzioni dello Stato, con tanto di onorificenze, encomi e plauso popolare. Ma vi sono altre scuole non riconosciute che ottengono gli stessi risultati, di sopprimere cioè i naturali sentimenti di pietà di cui veniamo dotati alla nascita. Le università di medicina e chirurgia, per esempio, e in particolare la facoltà di fisiologia, mostrano un’alta percentuale di sadici, così come negli anni della repressione staliniana i campi di prigionia siberiani registravano alte percentuali di scienziati ed eruditi in genere.
Una prima infarinatura antropocentrica si ha in giovane età, attraverso tutti i passaggi della scolarizzazione, ma è solo quando si cominciano a frequentare i corsi di fisiologia che l’abitudine a torturare e seviziare animali acquista una sua dignità. Il contesto accademico, con professori e discenti impegnati a torturare cavie, fa sì che nel giro di qualche anno lo studente, che magari nel primo anno aveva qualche remora a provocare dolore ad animali inermi, sia stato sottoposto a una sorta di lavaggio del cervello, anzi del cuore, e sia pronto a laurearsi e a buttarsi a capofitto nella società, traendo vantaggi economici dai suoi sanguinari studi.
Che i malati ospitati negli ospedali siano trattati come cavie è solo la naturale conseguenza di sei anni di studio basato sulla mancanza di rispetto verso le cavie. E’ semplicemente logico e consequenziale. Che una grande percentuale di malati muoia a causa delle malattie iatrogene, indotte dalle stesse cure che dovrebbero guarirli, non è solo dovuto alla fallacia del metodo vivisettorio, ma anche alla mancanza di rispetto per la vita degli altri imparata nel corso degli studi universitari. E’ talmente ovvio!
Non tutti i medici sono dei sadici, perché ci sono anche quelli che durante l’università non praticavano la vivisezione, ma il fatto che siano entrati in contatto con quella orribile realtà e non abbiano fatto niente per fermarla, preferendo non immischiarsi, già li ha resi complici e moralmente contaminati. Nonostante tutti i loro sforzi per far bene il loro mestiere, le indicazioni che sono state loro fornite in tanti anni di studio e che sono state da essi accettate acriticamente, li porteranno a inevitabili fallimenti e ad essere oppositori e denigratori delle metodologie non ortodosse. La loro mentalità rigidamente scientista e cartesiana li farà schierare dalla parte dell’Establishment, contribuendo a frenare la ricerca di nuove terapie, non sponsorizzate dalle industre farmaceutiche.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, con una società impazzita che non ha rispetto per niente e per nessuno.
E fin qui stiamo ancora parlando di un’altra istituzione, l’università. Ma il fenomeno funziona anche lontano dalle scuole. Nei piccoli paesi montani del bresciano, per esempio, vi è una vischiosità culturale che porta i figli a seguire le orme dei genitori, che a loro volta avevano seguito quelle dei loro genitori, in una perpetuazione d’abitudini, comportamenti e mentalità da far paura. Il ragazzo che diventa bracconiere perché lo sono stati il padre e il nonno è paragonabile al picciotto che diventa mafioso perché lo sono stati il padre e il nonno. Generazione dopo generazione il crimine si perpetua, perché così funzionano le cose e ogni dissidenza viene eliminata.
Nel caso dei mafiosi in senso letterale. Nel caso dei trogloditi bresciani, invece, scattano i meccanismi dell’ostracismo e chi, nato in Val Trompia, dovesse, per uno strano caso, essere contro la caccia, sarà costretto ben presto a lasciare il villaggio, a meno che non voglia spendere ogni mese un treno di gomme nuove o veder morire avvelenati, uno dopo l’altro, i propri animali da compagnia.
Sapendo quindi quali sono i meccanismi di trasmissione delle tradizioni, ci si può spiegare perché la violenza sugli animali non verrà mai fermata, dal momento che se nel bambino è presente una larvale solidarietà verso gli animali, nel giro di breve tempo viene manipolato mentalmente e reso idoneo a uccidere, capacità bene accolta dal Duce che voleva italiani capaci di maneggiare le armi. Se un individuo viene sottoposto per anni a simili trattamenti, si ottiene alla fine un adulto menefreghista, intollerante, violento, rissoso, privo di rispetto per le leggi e la società in genere, capace di uccidere un cinghiale che ha cercato la salvezza in mare.

E non si accorge, tale replicante privo d’anima, che gli astanti provano un brivido di raccapriccio nel vedere tanta disumanità. Non conoscendo l’empatia, pensa che i suoi critici siano pazzi, mentre sono solo persone che ancora ascoltano la propria coscienza. Non sapendo cosa sia la pietà, reagisce con odio verso coloro che gli fanno notare l’immoralità dei suoi comportamenti. Non riuscendo ad immedesimarsi nella vittima, essendo tutto preso dal ruolo di carnefice, finisce per concludere che gli anticaccia siano un branco di smidollati e debosciati sentimentali, mentre sono solo persone che ancora si ritengono dotate di un briciolo di umanità.
Erich Fromm disse che il carattere autoritario, di fronte ad un essere inerme e in difficoltà, pensa solo a sopraffarlo e ad impadronirsene, mentre il carattere antiautoritario, nella stessa situazione, pensa a prodigarsi per aiutarlo. In questo caso, si trattava di un cinghialetto terrorizzato.
Se Erich Fromm ha visto giusto, c’è urgente bisogno di chiedersi come mai ci sono tanti caratteri autoritari in circolazione. Bisogna domandarsi se per caso è il sistema scolastico che forgia i cittadini con tali caratteristiche e, infine, se i caratteri antiautoritari sono preferibili a quelli autoritari, quali sono gli strumenti e i sistemi per far sì che questi ultimi cessino d’esistere. Dei caratteri autoritari, di mafiosi, gesuiti, militari, sbirri, cacciatori e vivisettori facciamo volentieri a meno. Se mai si arriverà a spazzare via simile feccia umana, gli animali, le piante, la Terra e gli uomini di buona volontà potranno tirare un respiro di sollievo. E’, in fondo, l’antica promessa divina, che da troppi secoli si fa attendere.

5 commenti:

  1. Roberto,questo non è un pianeta sfortunato,qui l'unico sfortunato è chi ha in po' di sensibilità.Mi sono chiesto piu volte questo controsenso,un medico che cerca una "cura"quindi il bene,e provoca soferenza in un altro ( l'animale di turno esposto agli sperimenti)non ti sembra paradossale ??? la mamma che cucina la bistechina con tanto amore per il suo figlio,cosi cresce sano e forte...ho conosciuto una signora cui bambino aveva problemi mentali,comprò uno scoiatolo e questo fu di compania ed aiuto per il bimbo,ma l'animaletto perde la sua libertà e possibilta di vivere in natura con i suoi simili...per questo piu volte ti ho parlato della "dualita"di questo mondo,sembra proprio che non ci siano vie di fuga finchè viviamo qui,si può sognare con un cambiamento? mah...io non ne sono cosi ottimista,le caserme continuano a sfornare psicopatici,i cacciatori si riproducono come topi,e la sopraffazione la fa di padrona,anche a livelli piu sottili,basta vedere nei forum quanto dificile è mantenere una "regola"di dialogo,senza cadere nella offesa o l'insulto,e solo per esprimere o certi casi imporrere la propria idea,questa è la counicazione fra le persone,il rispeto,il valore che le diamo alle altre persone,figuriamoci al resto ( animali,piante e natura in generale...)
    Ciao

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  2. Martin, quando dici che le cure mediche affondano le radici nella vivisezione e la madre premurosa regala uno scoiattolo al figlio togliendogli la libertà, viene da pensare a quel detto secondo cui "L'inferno è lastricato di buone intenzioni".
    Se però ci si rende conto che alle cavie viene dato dolore in cambio di risultati inattendibili e agli animali viene tolta la libertà in cambio di un nostro trastullo, ci si può chiamare fuori, ovvero dissociarsi, per non contribuire alla violenza o al dualismo come lo chiami tu.
    Non basta evitare le medicine e non comprare scoiattoli per far sì che la vivisezione cessi e gli animali non vengano più resi schiavi, ma almeno, come singoli, non ci possono incolpare di quella precisa azione.
    Magari avremo anche altre colpe, di cui alcune nemmeno ce ne rendiamo conto, ma la nostra identità morale si va via via evolvendo e affinando.
    Infine, dire che la Terra sia un pianeta sfortunato - lo ammetto - è una licenza poetica, perché essa viaggia nello spazio, imperturbabile, da miliardi di anni e non le è successo mai niente di grave.
    Tuttavia, per il fatto stesso di avere, come specie, quel "quid" che ci porta a vedere dualisticamente le cose, il bene e il male, non possiamo non notare che c'è qualcosa che non funziona, sia in noi, sia nel resto degli animali. Va bene che le prede, quando vengono addentate, emettono endorfina per sentire meno dolore, ma il loro istinto è programmato per vivere e qualunque interferenza da parte dei predatori non è gradita. Lottano per vivere e non accettano di farsi mangiare.
    Ecco perché con Lupo nella Notte, tempo addietro, avevo polemizzato circa la sua affermazione che gli animali si offrono al coltello dello sciamano e ne sono felici.
    Un'affermazione come questa non sta né in cielo né in terra, perché la vita vuole vivere.
    Grazie per la tua visita.
    Ciao

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  3. Grande Roberto!
    L’apprendimento dell’uomo assomiglia straordinariamente ad un “copia ed incolla” infinito che inizia dalla culla e finisce nella tomba. Ci insegnano che “la competizione” è bene, che gareggiare, vincere e primeggiare ci rende migliori, che “lavorare” è il senso della vita, che gli animali sono “cibo” per gli umani, che catturarli ed ammazzarli è l’effetto della superiorità su tutto.
    A Natale, da piccolo, mia madre veniva a chiedermi di tenere ferma la testa della gallina ancora viva per potergliela tagliare; poi se ne raccoglieva il sangue in una scodella e mio padre se lo faceva friggere come una frittata poiché ne amava il sapore e ne decantava l’apporto nutritivo così come gli era stato insegnato da qualche blasonato “stregone” nostrano. Mia madre poi, a pranzo, traeva sublime piacere rosicchiandone la testa ed il collo mentre a noi dava petto e cosce.
    Ricordo anche la straziante agonia del maiale allorquando veniva legato ed appeso ad una trave; poi il macellaio di turno prendeva il coltello più lungo che c'era e lo infilava nella sua gola. Pochi conoscono lo strazio del povero maiale che gridava come un cristiano mentre veniva sgozzato e mentre i bambini giocavano a pallone nei paraggi e le femminucce sognanti pettinavano le bambole tra bacinelle di acqua bollente ed odore di sugna e di ciccioli che penetrava dappertutto.
    Allora come oggi, si festeggiava tra lacrime e sangue.
    Ecco come questi episodi di vita (di morte) vengono “copiati ed incollati” nel cervello senza mai passare dal cuore ed entrano così a far parte del “sapere”, dell’inconscio, dei ricordi ancestrali che evocano sensazioni piacevoli.
    Inconsapevolmente si stratificano in ogni singola cellula e nel dna dando “vita” ad una mutazione genetica.
    Non possono essere altrimenti definiti se non “mutanti” quelle bestie che si intravedono nella sequenza fotografica che ho visto nel tuo pari articolo su stampalibera che godono ad inseguire nel mare un povero cinghiale spaventato.

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  4. Gianni, anzitutto permettimi di ringraziarti ancora per le istruzioni che mi hai fornito. Tutto sommato era abbastanza semplice, come l'uovo di Colombo, sia mettere l'ipertesto, che trascinare le immagini, ma quei pochi tentativi che avevo fatto in precedenza erano falliti. Ora mi sento più padrone del web, anche se questo può far sorridere.
    Riguardo al tuo commento, anch'io avevo dei ricordi simili legati all'infanzia, di quando i miei uccidevano le galline. Non ne ho riguardo alla macellazione dei maiali, per fortuna.
    Però sono spesso entrato in contatto con contadini, avendo insegnato in scuole rurali, e per loro non c'era altro mondo possibile, se non quello copia-incollato durante la loro infanzia.
    Invece, noi a Genova nel 2001 avevamo uno slogan che diceva: "Un altro mondo è possibile". C'è ancora tanto lavoro da fare per renderlo palese anche ai contadini e ad altri strati parimenti ottusi della società. Sempre che ce ne sia ancora il tempo.
    Come avrai notato, ti ho "rubato" un'espressione: replicanti. Nel caso dei cacciatori sulla barca ci stava proprio bene.
    Alla prossima.
    Un salutone.

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  5. Rob, parlaci del CONTROLLO.
    Il CONTROLLO come motivazione della crudeltà umana. Perchè guardata da questa parte, la prospettiva cambia totalmente: non è il carattere autoritario a sopraffare il più debole, ma quello instabile (dal punto di vista mentale) o comunque insicuro (vedi cacciatori che si beano della canna del loro fucile...)
    La crudeltà contro gli animali è nella triade che fa sospettare un serial killer.

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