Fonte: Il Messaggero
Nella
fitta vegetazione del Parco Nazionale di Nakuru, circa 100 km a Nord di
Nairobi, qualche giorno fa hanno rinvenuto la carcassa del 19° rinoceronte
ucciso dai bracconieri dall’inizio del 2014. Purtroppo,
proprio in queste ore (anche se non confermata ufficialmente) sta girando la
voce di un altro abbattimento.
I
rinoceronti, tuttavia, non sono i soli “perseguitati” da questi banditi: sono
infatti in macabra compagnia anche di 51 elefanti abbattuti senza scrupoli
nello stesso periodo.
«Peraltro,
questa è la cifra dichiarata dal Kenya Wildlife Service, ma si pensa sia sotto
stimata. Con molta probabilità, gli elefanti uccisi dall’inizio dell’anno sono
più di 100. Le ragioni di questa mattanza sono spregevoli, ignoranza e guadagno
facile» a parlare è Massimo Vallarin, vicepresidente dell’Associazione Italiana
Esperti d’Africa che opera sul campo, in Kenya. La sede principale e il
presidente, Davide Bomben, sono a Torino.
«Purtroppo,
questi ultimi dati –prosegue Vallarin- si aggiungono alla lunga scia di morte
che riguarda questi esemplari a rischio estinzione. Negli ultimi 5 anni, l’incremento
del bracconaggio, dovuto alla forte crescita nella domanda da parte del mercato
orientale, ha portato la popolazione dei rinoceronti in Kenya ad un drastico
declino, tanto da portare a dichiarare che oggi, il bracconaggio deve essere
considerato un “Disastro Nazionale».
Qual
è la popolazione attuale di rinoceronti ed elefanti in questa parte dell’africa
dell’Est?
«I
numeri parlano oggi di un totale pari a circa 1.041 rinoceronti, di cui 631
neri (l’80 % dell’intera popolazione mandiale) e 410 bianchi. Per quanto
riguarda gli elefanti nel 1970 in Kenya erano stimati in circa 167.000, mentre
ora sono in circa 35.000».
Vallarin,
quali sono le ragioni di questo sterminio?
«I
rinoceronti sono scannati per ignoranza. Il mercato dell’Estremo Oriente chiede
la polvere che si ricava dai corni, attribuendole qualità curative. Balle! Un
corno non è altro che creatina, un semplice ammasso calcificato di peli. Eppure
lo pagano 60mila dollari al kg e ogni rinoceronte ne ha circa 7 Kg. Fatevi voi
i conti…».
«L’assassinio,
perché di questo si tratta, è per l’avorio da cui si ricavano solo monili ed
altre facezie. Il valore è di circa 800/1.000 dollari al kg ed ogni zanna pesa
dai 25 ai 30 kg».
Vallarin,
un torinese in Africa dal 1992, quando parla di questo argomento si accalora,
perché lui è nato col Mal d'Africa, ama questa terra. Aggiunge : «Non c’è solo
ignoranza ed avidità. Va considerato che da questo traffico si finanzia il 40 %
del terrorismo internazionale.
«Ne
esistono di 3 tipi. Il primo è lucrativo per corni e zanne. Il secondo è di
sussistenza con trappole per catturare animali come antilopi varie, ma nel
quale restano però uccisi addirittura i leoni. Il terzo è sportivo, ma in Kenya
la caccia è proibita e controllata e quindi questo aspetto riguarda altri Stati
africani».
Anche
gli italiani sono, dunque, impegnati nella difesa di queste specie…
«L’AIEA
è presente in Kenya, Sud Africa, Namibia, Botswana e Tanzania. Formiamo guide
professioniste per i safari, ma svolgiamo anche attività di conservazione ed
antibracconaggio, collaborando con molte Autorità locali. La nostra Poaching
Prevention Academy è impegnata, oltre che nell’addestramento alle Anti Poaching
Unit in vari Paesi africani, anche nella rimozione delle trappole, nell’assistenza
agli animali feriti dai bracconieri ed al salvataggio dei cuccioli rimasti
orfani».
Quali
sono gli altri animali a rischio bracconaggio?
«Certamente
i leoni, principalmente per il conflitto uomo-animale. L’esplosione demografica
del Kenya sta determinando l’invasione da parte dell’uomo di territori selvaggi
e così i leoni hanno imparato che una mucca è più facile da aggredire di un
bufalo. I pastori Masai e Somali li contrastano con le lance, ma da un po’ di
tempo anche avvelenando carcasse o secchi di sangue. Così facendo però uccidono
l’intera catena alimentare, perché poi muoiono anche iene, sciacalli, avvoltoi
e persino le mosche che ricoprono le carogne».
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