Fonte:
Contro Green Hill
Uno
studio pubblicato nel 2004 ha evidenziato l'ovvietà: le normali pratiche
condotte in laboratorio sono causa di forte stress per gli animali.
Non
ci sorprende il risultato (è ovvio anche per i bambini che essere sottoposti a
manipolazioni, iniezioni, prelievi di tessuti, alimentazione forzata col
sondino sia una tortura) né che abbia evidenziato l'ovvietà, dato che la
stragrande maggioranza delle pubblicazioni "scientifiche" non fa che
confermare qualcosa di lapalissiano e conosciuto da tempo.
Nonostante
i vivisettori e i vivisezionisti si prodighino nell'affermare che gli animali
negli stabulari stiano meglio dei pazienti negli ospedali e che siano animali
tranquilli, normali e felici, la realtà è evidentemente un'altra.
Come
ogni volta in cui si giunge a una consapevolezza scientifica e concreta sulla
sensibilità e profondità degli animali, non ci si può non soffermare sul
paradosso dato dal fatto che tale consapevolezza sia ottenuta mediante la tortura.
Lo
studio, condotto da Balcombe, Barnard e Sandusky si intitola "Laboratory
routines cause animal stress" e
qui potete leggerne il breve abstract (la famosa trasparenza di cui vanno cianciando i
ricercatori).
È
interessante notare come il test non sia stato condotto provando pratiche
invasive, ma solo e unicamente pratiche comunissime, presenti in ogni
esperimento, quali iniezioni, alimentazione forzata tramite gavage e manipolazione, financo operazioni di routine come
il sollevamento, lo spostamento e la pulizia della gabbia.
Queste
prove hanno evidenziato un aumento dei parametri di stress pesante (che
comunque offrono un dato superficiale e parziale, una semplice punta
dell'iceberg di un universo di dolore inesplorabile) dal 20 al 100%, i cui
effetti sono perdurati per almeno 30 minuti.
È
anche interessante notare come i parametri considerati "non di
stress" siano stati raccolti su animali imprigionati nello stabulario,
quindi già necessariamente e ovviamente provati psicofisicamente dalla
prigionia continua.
Ecco
un altro dei tantissimi studi scientifici che i ricercatori, sempre pronti a
sbandierare la loro coerenza razionale e scientifica, ignorano deliberatamente
per continuare a torturare all'eterna ricerca di una nuova pubblicazione con la
quale allungare i curricula.
Ecco
come l'integrità etica di chi nega la sofferenza dei prigionieri nei
laboratori, trovi fondamento solo nella volontà di perseguire il proprio
lavoro, ostinandosi a ridurre a merce e oggetto individui desiderosi e
meritevoli di libertà.
Ecco
come crolla su se stessa l'ipocrisia di quella casella eternamente barrata su
ogni protocollo dei vivisettori, per farsi autorizzare nuovi esperimenti, e che
recita: “poco o nessuno stress”.
Ecco
come la coerenza scientifica delle ricerche sia pari a zero, dato che le
ripercussioni dello stress sui dati successivamente ottenuti sono incalcolabili
e certamente condizionano pesantemente qualunque tipo di misurazione.
Nella
foto un topo che cerca disperatamente di fuggire dalla sua prigione, in una
delle immagini dello stabulario di Farmacologia occupato il 20 Aprile scorso.
Il
muro di silenzio si regge su falsità, impegniamoci ad abbatterlo!
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