sabato 11 marzo 2023

La mano amica o la mano nemica?


La mia vita è come il mio account sui social: con limitazioni. Così penso che sia anche quella degli altri. Degli altri non m’importa, anzi, li considero fortunati perché non lo sanno. Non se ne accorgono e il Demiurgo, diciamo così, ha concesso loro la grazia di credere di essere liberi. Quando dialogo con un carnivoro, di quelli orgogliosi di esserlo, non di quelli con i sensi di colpa, alla fine mi dice immancabilmente che non permette a nessuno di dirgli cosa deve mangiare e che è libero di pensarla come meglio crede, esattamente come io che gli parlo sono libero di pensarla a modo mio, diversamente. In realtà, chi pensa di essere libero, trascura il piccolo particolare che è passato attraverso i primi anni di vita in cui è stato condizionato da genitori, insegnanti, televisione, mass-media in genere, amici e parenti, per arrivare in età adulta a scegliere se mangiare carne o meno, con la convinzione che è lui a deciderlo, liberamente. La cosa paradossale è che gli stessi meccanismi mentali si applicano a me, ma non sul versante del consumo di carne o meno, bensì su quello dei rapporti con piccoli animali. Per l’animalismo ortodosso, anche solo detenere un insetto per qualche ora è eticamente sbagliato, e io mi ritrovo ad interpretare la parte di quello che mangia carne, non quello orgoglioso, ma quello con i sensi di colpa. In verità, di sensi di colpa non ne provo né punto, né poco. Devo preoccuparmi? Quando dico “animalismo ortodosso” già introduco un elemento di natura religiosa. Ovvero, l’animalismo come dogma religioso. Ammetto che può avere questo aspetto e, stando al giudizio di molti carnivori, è decisamente così. 



Dicevo all’inizio chla mia vita ha delle limitazioni. E’ brutto da dire perché mi sono sempre considerato libero, e non mi sono limitato a pensare di esserlo, ma nei fatti ho sempre agito come un ribelle, disobbediente, anticonformista, refrattario alle norme, con risultati a volte anche deludenti e in ogni caso sempre stressanti e problematici. Le mie difficoltà del momento nascono dal fatto che la donna con cui attualmente ho una relazione sentimentale fa parte degli animalisti ortodossi e mi dice chiaramente che disapprova il mio passatempo di mettere nei terrari gli insetti per fotografarli. La cosa che la fa veramente scandalizzare è che catturo insetti per darli da mangiare ad altri insetti, cioè trasformo le cavallette in cibo per mantidi, diventando io il loro carnefice. Prima di arrivare alle conclusioni, che sarebbero solo due, o forse tre, cerchiamo di capire perché ci troviamo in questa situazione. 



Le soluzioni del problema: 1) lascio la morosa che mi vuole condizionare (non sarebbe la prima volta che lo faccio), poiché “libertà va cercando, come sa chi per lei vita rifiuta” (Dante – Purgatorio I 71); 2) rinuncio ai miei passatempi naturalistici e a fotografare gli animaletti in studio, ma solo liberi in natura, con tutte le difficoltà che ciò comporta; 3) troviamo un compromesso, cioè è la morosa che rinuncia alle sue rigorose convinzioni, con la promessa da parte mia di non dare più insetti da mangiare ad altri “prigionieri”.


Eppure, tutto questo non mi basta! Anche se dovessimo arrivare ad un compromesso, cioè dovessimo venirci incontro l’un l’altra, resterei comunque sottoposto a limitazioni, come Zuckerberg sta facendo con me su Facebook. Analogamente, come i gestori del social mi impediscono di esercitare il mio diritto di libero pensiero, così la mia morosa, che diventerebbe automaticamente il gestore della mia vita privata, m’impedisce di soddisfare i miei desideri di felicità e di libertà. Non c’è felicità senza libertà.

 


Ma sospendiamo per un momento la questione se sia etico o no detenere insetti per fotografarli, prima di mollarli, e cerchiamo di capire perché un animalista come il sottoscritto, con il suo curriculum di tutto rispetto, invece di occuparsi di cani o di gatti randagi, passi il suo tempo a cercare di catturare animali, per poi fotografarli. Sia l’atto fisico di impossessarsi di animali, benché solo per qualche ora, sia l’atto di fotografarli o di filmarli implicano il concetto di possedere vite che teoricamente non ci appartengono, il che sottende un malcelato istinto venatorio. Ho la consapevolezza di essere stato condizionato nell’infanzia e se ora che mi trovo nell’età pensionabile, mi trastullo con le bestioline (alcuni la trovano una cosa malsana) è perché a otto anni ebbi in regalo un libro che costituì la mia formazione. 



I Racconti del naturalista, autore Angelo Boglione. Ero innamorato di quel libro. E lo sono ancora, conservandolo come una reliquia. Era la mia Bibbia. Ecco, con queste parole, torna a galla l’aspetto religioso di tutta questa faccenda. Com’è possibile che un essere umano riesca a conquistare la fiducia di ramarri, rane, insetti e altri animaletti? Quanta pazienza deve avere un uomo per riuscire in tale impresa? Per me, bambino, una cosa del genere aveva del miracoloso. E sfido chiunque, anche oggi che la filosofia animalista si è evoluta, passando dal vegetarismo al veganesimo, dalla zoofilia all’animalismo, appunto, a riuscire a farsi amico un ramarro. Inon ci riuscirei, non avendo la pazienza necessaria.



Nelle foto di cui il libro è corredato, si vede la mano “amica” di Angelo Boglione, mentre dà artropodi da mangiare ai suoi ospiti. Si potrebbe dire che la mano dell’uomo è amica del ramarro ma non della cavalletta che gli viene offerta in pasto. E’ evidente che sia così. Ma allora, non possiamo più parlare di animalismo, bensì di naturalismo. Cioè, la filosofia animalista è diversa da quella naturalistica. Tra loro sono sfasate, benché in parte sovrapponibili. Questo mi provoca una crisi di identità. Sono stato per decenni animalista, o almeno convinto di esserlo, e ora mi ritrovo a far parte di una categoria diversa, avendo anche la morosa contro. Mi ritrovo a dover fare una scelta e non so che pesci pigliare (mi si perdoni il modo di dire). Ci tengo sia alla mia libertà, sia alla mia morosa. 



Ciò che sto facendo, allestendo acquari e terrari, è un voler tornare indietro alla fanciull
ezza, o forse un voler restare fedele ad essa. Non mi sento in colpa, per questo, e forse mi sto facendo troppi scrupoli inutili, ma non sono neanche orgogliosoNon rivendico di possedere la Verità. O forse, sto veramente deviando dalla retta via, diventando a poco a poco un eretico. Ecco che torna a galla l’aspetto religioso! 


Non so come andrà a finire. Non so se sono incamminato verso il cosiddetto ritorno all’infanzia, che, prima di farmi tornare neonato, passa attraverso l’infanzia e la fanciullezza. Gli inglesi, tale ritorno alle origini, lo chiamano “gli anni della scimmia”. Non so se la morosa mi lascerà, dopo aver esaurito tutta la sua pazienza. Non so nulla, ma proprio nulla e, a questo punto, non so nemmeno se continuare a cercare di convincere i carnivori a smettere di mangiare carne, per ritrovarmi nel ruolo dell’educatore fanatico e impositivo. Non so più niente. So solo che non smetterò di fare foto naturalistiche, ovvero di praticare una forma di caccia sublimata. Non sono un Buddha! E non aspiro al Nirvana!

1 commento:

  1. A proposito della frase contenuta nell'immagine, che condivido in buona parte, direi che per vivere in pace è necessario anzitutto conoscersi bene (nosce te ipsum) e poi, in aggiunta, non mentire mai a se stessi.
    A questo link trovare un breve post sull'argomento:
    https://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2021/01/conosci-te-stesso.html

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