venerdì 3 marzo 2023

Per i bambini, gli animali sono dei grossi peluche


Fonte: Il maiale

Chiara, una cara amica vegan che insegna in una scuola materna, mi ha raccontato una sua esperienza davvero interessante. Siccome c’era un bambino che aveva l’abitudine di mettere in bocca tutto, lei e la sua collega hanno pensato ad un gioco. Chiedevano a voce alta: “ La porta si mangia?” e tutti in coro “Noooo!”. “La banana si mangia?” e tutti in coro “Siiii!”. E ancora: “Le matite colorate si mangiano?” “Noooo!”. La carta si mangia?” “Nooooo!”. A quel punto, a Chiara, è venuta un’idea, e ha chiesto: “La gallina si mangia?” e senza nessuna esitazione tutti in coro: “Noooo!”. “Il tavolo si mangia?” “Nooo!”. “I fagioli si mangiano?” “Siiii!”. “Il maialino si mangia?” “Nooo!”. La collega di Chiara, che non è vegan, né vegetariana, era un po’ imbarazzata. Sosteneva che, per esempio, non si doveva dire maialino, ma prosciutto. In altre parole, senza rendersene conto, sosteneva che la realtà dell’alimentazione basata sullo sfruttamento, la prigionia e la morte degli animali è talmente crudele e insopportabile che non può essere rivelata, insegnata, mostrata, nominata. È da notare che i bimbi e le bimbe non erano stati in alcun modo sensibilizzati. Nessuno, prima del gioco, aveva parlato loro di mucche, conigli, maiali, galline, della loro capacità di provare dolore, piacere, amore, amicizia. I bimbi e le bimbe lo sapevano già, e immaginare di mangiarseli suonava e suona nelle loro menti come qualcosa di inconcepibile, proprio come l’idea di mangiare un tavolo o una finestra.


La bellezza, la meraviglia e l’incanto nei confronti del mondo animale sono fenomeni strettamente connaturati al mondo dei bambini. Non a caso i giocattoli, le favole,i cartoni animati, i libri, i vestitini che diamo loro sono incessantemente popolati da animaletti di ogni genere. Solo che, contemporaneamente, si mettono quegli stessi animali sui loro piatti, senza avere neppure il coraggio di spiegare il perché, anzi, nascondendo il più possibile la squallida realtà che si cela dietro quei piatti. Forse, invece di nascondere, invece di inventare nuovi termini che mascherino la crudeltà, la prigionia e la morte a cui sottoponiamo tutti gli animali da reddito, dovremmo osservare un po’ meglio i bambini cercando di recuperare la nostra empatia, la nostra sensibilità. Imparare da loro, certo, cambiando con coerenza il nostro stile di vita, la nostra alimentazione, incoraggiando e favorendo la naturale propensione al rispetto di tutti gli abitanti di questo pianeta.

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