martedì 8 settembre 2015

Un Rettiliano per amico


Testo di Vittorio Mella

Tutto ebbe inizio nell'estate del 1981. Già nella parte finale del servizio militare, svolto come vigile del fuoco ausiliario a Pordenone, ebbi modo di iniziare la teoria onde ottenere la patente di guida B. Terminata la leva, verso la fine di luglio decisi di buttarmi a capofitto negli studi della patente. Superata sia  la teoria che la guida, attendevo con ansia l'arrivo della tanto  agognata  patente (un tempo te la spedivano a casa nel giro di due mesi). Ero in possesso del foglio rosa, ma non avevo l'auto. Così, superato il famoso esame di guida, contento decisi di comunicarlo agli amici. Per questo, come tutte le sere, mi recai in un locale di una frazione del nostro comune, dove  comunicai la notizia all'oste. Brindammo alla buona nuova e in un momento di entusiasmo l'oste mi comunicò una sua idea.

 
Un suo amico (un tipo piuttosto noto come duro) metteva in vendita la sua auto, un'utilitaria molto in voga in quel periodo. La proposta era di andare a buttarci un occhio, solo per prenderne visione. Io non potevo di certo acquistarla, non avendo ancora un lavoro, ma accettai. Ci recammo in un paese vicino, ma ubicato nel vicino Veneto, al confine con il Friuli. Quel giorno, presumibilmente dopo le 17.00, accompagnato dall'oste con la sua auto, fermammo il motore ai margini della strada su uno sterrato, a fianco del quale una siepe nascondeva alla vista alcune abitazioni. Percorremmo alcuni metri di questa stradina, poi mi si parò innanzi uno steccato le cui assi di legno superavano di gran lunga i due metri e mezzo d'altezza. Lo sguardo non poteva superare quella staccionata, ma una porta era rimasta socchiusa e la stradina che dovevamo percorrere stava alla sua destra. La curiosità a volte gioca brutti scherzi e così, con un gesto repentino, aprii di più il cancello e buttai all'interno uno sguardo indiscreto. Non mi aspettavo proprio nulla, solo buttarci un occhio e proseguire. Quello che vidi fu una cosa incredibile. 

Lo steccato, che circondava un'area di circa una ventina o più di metri, racchiudeva un oggetto solido, marron-ruggine. Aveva forse tre organi di atterraggio. Era fermo immobile sul praticello interno allo steccato. Una cupola spiccava sulla sommità. ma era tutt'uno con il resto. Alla base di esso una specie di porta (apertura) da cui si estendeva una sorta di scaletta, che però non toccava il suolo. La distanza da essa al terreno poteva essere di due metri, come se chi vi fosse uscito non volesse che qualcuno vi accedesse. Il disco poteva raggiungere i tre metri e mezzo ed era adagiato quasi a fine staccionata. Il mio gesto non passò inosservato. Infatti, il tipo con cui dovevamo incontrarci per visionare l'auto (una 127 top blu) lo notò. Perentorio, diede l'ordine all'amico (suo e mio) oste di portarmi al suo cospetto. Ancora incredulo, fui condotto a forza davanti al signor G. (solo l'iniziale del nome per ovvie ragioni di privacy). Confabularono e G. decise di chiedere istruzioni ai piani alti. Ritornò dopo poco: l'ordine era la mia eliminazione fisica. L'oste era solo un oste e null'altro. G. lo conoscevo di fama come un picchiatore in una banda, di quelle che al tempo si affrontavano nelle discoteche e nelle piazze dei paesi: erano  tempi di guerra fredda. Infatti, lo stesso G. rifiutò categoricamente di obbedire all'ordine. Non sono un killer, mi disse. Ma G. era anche un volpone e sicuramente lì per lì ebbe un'idea geniale che avrebbe risolto il problema, salvando capra e cavoli. Decisione che però dimostrò tutti i suoi limiti, non tenendo conto del fattore umano. 

Mi condussero all'interno di un sentiero lì vicino, che terminava con una sorta di manufatto in legno. Non appena fummo a distanza visiva dal manufatto si sentì distintamente un ringhio, una via di mezzo tra il ruggito di un leone e il verso di una bestia feroce. G. ci esortò a stare tranquilli, era solo la sua bestia. Pensai ad un leone in gabbia, così mi tranquillizzai. Ma appena vicini al manufatto, G. o l'altro aprì la porta in legno e mi gettò dentro senza pensarci due volte. Mi trovai nel buio pesto e lì rimasi aspettando che la luce entrante dalle feritoie e l'abitudine al buio mi permettessero di capire dov'ero. Iniziai infatti a percepire dei dettagli ma senza poter distinguere nettamente. All'improvviso, quello che vidi andò oltre ogni aspettativa e superò le mie più grandi paure. 

Mi trovai di fronte una faccia da serpente, con la bocca pure da serpente. Due occhi rossi grandi e luminosi. Notai le squame. Era un serpente che parlava. Credo che indossasse una sorta di sottocasco. Passato lo spavento iniziale, mi disse che era necessario che lo rivedessi per abituarmi a lui e aggiunse che molti erano morti in questa fase per lo spavento. Era chiaro che era un esperto in relazioni personali. Ma rifiutai categoricamente. Dissi che stavo bene così e che di vederlo in faccia non se ne parlava proprio. Il tempo stringeva e ad un certo punto prese di nuovo in mano le redini per superare l'impasse nella quale eravamo caduti. Mi strinse forte a sé cingendomi all'altezza dello stomaco o poco più su, fino a che persi i sensi e svenni. Mi risvegliai non so quanto tempo dopo, disteso su alcune assi in legno. La casa dove abitavo fino a qualche mese prima era in legno, così dedussi di trovarmi a casa e che ero stato vittima di un incubo. Ma ben presto dovetti ritornare nella realtà. L'essere (che ben presto capii essere un umano modificato con l'aiuto della cibernetica e della genetica, una sorta di cyborg) nascosto nel buio disse che non avrebbe più tentato un approccio visivo, se proprio non me la sentivo, e per dimostrarmelo se ne stava nascosto alla mia vista. Questo suo atteggiamento mi scosse, capii che voleva essermi amico e capii soprattutto che non voleva farmi del male. 

Era un amico, questo era certo. Così fui io a proporgli altri tentativi di contatto visivo al fine di abituarmi alla sua sgradevole vista. Questo funzionò. Infatti, ci sedemmo e fu lì che notai che indossava una sorta di tuta argentea con uno stemma appiccicato sopra. Fuori faceva oramai buio, ma il manufatto era illuminato da qualche fonte esterna. L'amico cyborg disse che il momento era propizio per la fuga. Ribattei che non sarebbe stato possibile, visto che le assi che costituivano il manufatto erano molto resistenti. Non so se sorrise, ma fece vanto di avere un braccio molto forte. Infatti, poco dopo sentii un gran rumore. Aveva distrutto le assi di legno con una spallata o con un pugno. Notai la polvere illuminarsi alla luce dei fari e notai l'amico cyborg tenere una mano sulla spalla, segno che una bella botta l'aveva data e che sentiva anche dolore. Mi disse: “Tu vai di la - indicandomi la sinistra - mentre io prederò a destra”. Così feci e ci muovemmo nelle direzioni stabilite come da programma. Feci pochi passi e finii proprio in braccio al G., che mi tenne fermo bloccandomi ogni tentativo di fuga. Mi chiese che direzione avesse preso l'essere. Un momento prima, imprigionato tra le braccia di G. notai nel buio un sagoma spuntare dietro una costruzione, probabilmente si era nascosto sul fianco del manufatto in attesa di un buon momento per fuggire. Dissi senza indugio a G. che il cyborg aveva preso la mia stessa direzione. Poco male, oramai non lo prendiamo più - disse G - ci penseranno gli altri, intendendo che già qualcuno era stato messo al corrente e si stava muovendo per le ricerche. Vidi il Cyborg sgattaiolare nel buio e prendere sicuro la direzione opposta da me indicata. Almeno uno di noi si salva, pensai orgoglioso. Avevo restituito la cortesia al nuovo amico. Tutt'ora ne vado fiero. Mi fermai un attimo con G. dove il cyborg aveva abbattuto le assi. Notò tracce di liquido, probabilmente sangue perso dal cyborg durante la fuga e l'impatto con la struttura. Disse di aver ricevuto comunicazione che la fuga e la ricerca del cyborg si stava svolgendo e che stava abbattendo alcune linee di comunicazione nel tentativo evidente di facilitarsi la fuga.

Non ricordai più nulla di questa faccenda fino a quando non mi tornò in mente tutto. Ci misi dieci anni di ricerche, ma scovai il luogo, i personaggi e ricostruii tutta la vicenda. Con il senno di poi lo capii grazie a una situazione che mi capitò forse non molto dopo i fatti. Era un episodio insignificante, che trovò la giusta spiegazione e collocazione solo dopo essermi ricordato di nuovo i fatti. 

Alcuni amici della vecchia compagnia mi portarono in auto proprio al confine dell'abitazione dove si erano svolti i fatti in questione. Mi tempestarono di domande sul perché non ricordassi di essere mai stato in quel luogo. Sembrava uno scherzo e io lo presi come tale. La fila di fuoco delle domande degli amici verteva in un'unica direzione. Capire se mi ricordavo o meno di quel luogo e se ci fossi già stato. Non me lo ricordavo. Era la prova del nove per capire se l'opera di cancellazione dei ricordi avesse fatto effetto. Fu la prova del nove pure per me, che mi spronò ad indagare in quella direzione e che mi portava ad intuire che qualcosa doveva essere successo in un certo periodo in quei luoghi. Il cyborg, o un cyborg ad esso collegato, mi si presentò ancora una sola volta, una notte, una notte scura in un certo luogo, ma poi non lo rividi più. Ritrovai la traccia della presenza dei cyborg in un luogo sperduto, ma venni dissuaso a interrompere le indagini. E questo è tutto.

3 commenti:

  1. Gentile sig: Vittorio Mella le sarei grato se mi desse il numero di telefono del suo spacciatore personale. Sono interessato, per motivi di lavoro, ad avere una grande quantità degli allucinogeni che lei usa, di notevole qualità, da immettere nel mio circuito di vendita. Grazie Francesco

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    1. Ho inoltrato la tua richiesta all'interessato. Da parte mia ti posso dire che ho superato la fase scettica in cui tu ti trovi al momento e sono approdato a quella possibilistica.

      Del resto, se le leggi dell'evoluzione delle specie sono universali, ciò che è accaduto ai mammiferi sulla Terra può essere successo ai rettili su qualche pianeta della Costellazione del Draco, producendo esseri intelligenti e tecnologici (molto più tecnologici di noi) che ha permesso loro di espandersi nell'universo e di arrivare fino qui.

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  2. a me questo racconto, mi ha fatto passare invece dalla fase possibiistica alla fase scettica... il mondo è bello (?) perchè vario!

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