Nel
suo caso si può applicare il concetto biblico: “Dall’abbondanza del cuore la
bocca parla”. All’età di 25 anni, infatti, Vanna Bianchin venne in possesso di
un libro di William Bates sulla rieducazione della vista e ne rimase entusiasta. Da
quell’epoca non ha mai smesso di approfondire l’argomento e, sebbene non abbia
ancora recuperato totalmente i difetti visivi di cui soffre fin da giovanissima, ha fatto molti progressi. Venerdì 6 giugno ha tenuto una conferenza a
Codroipo, come rappresentante dell’AIEV, e fin dall’inizio si scusava dicendo
di non essere brava nel ruolo di conferenziere, mostrando di sé un
comportamento umile e a tratti titubante, ma ottenendo viceversa la simpatia e la stima del
pubblico, tanto che un signore alla fine ha espresso chiaramente la sua
riconoscenza per il messaggio veicolato. Evidentemente, il cuore di Vanna
Bianchin era carico di contenuti edificanti da condividere con gli altri, così
che la sua bocca ha agito di conseguenza.
La
relatrice ha cominciato illustrando la vita e le ricerche di William H. Bates, che agli inizi del secolo scorso è stato un oftalmologo statunitense. Girando per per scuole d’America,
vedeva bambini con difetti visivi ed era molto dispiaciuto per essi. Intuì che
in molti di loro il problema era temporaneo e di natura emotiva. Negli anni
seguenti, gli psicologi avrebbero confermato che molti bambini, staccati dall’ambiente
familiare, si chiudono in se stessi, quasi una specie di blando autismo, e lo
fanno abbassando la vista, come se rifiutassero il nuovo ambiente. In pratica, è
come se il subconscio impedisse al bambino di vedere la faccia arcigna della
maestra e quella spesso ostile dei compagni di classe. Facendoli diventare
miopi, è come se non volessero vedere nitidamente la realtà: succede alle
persone particolarmente sensibili. Hanno bisogno di uno schermo da frapporre
tra l’Io e il mondo. Se interviene il medico con gli occhiali da vista, l’organismo
del bambino si adatta, si cristallizza e l’individuo resterà un occhialuto per
tutta la vita. Vi suona familiare?
Che
la persona sia malata tutta la vita è altamente desiderabile per le industrie
farmaceutiche e questo spiega perché sia Bates, qui a sinistra, che i suoi continuatori furono
considerati dei ciarlatani dall’Establishment, arrivando anche al punto di
applicare nei loro confronti sanzioni penali. Del resto, sta succedendo la
stessa cosa, oggi, a Simoncini e ad Hamer.
Torniamo
ai bimbi. L’offuscamento che l’organismo predispone attraverso la miopia,
potrebbe essere temporaneo e stabilizzarlo con gli occhiali non è la cosa
migliore che si potrebbe fare. Ma vi sono anche bambini che reagiscono in un
altro modo: attraverso l’ipermetropia. Sono quei bambini che portano lenti a
fondo di bottiglia e sono ancora più imbranati dei miopi. Vedono bene da
lontano e male da vicino, esattamente il contrario di ciò che avviene con la
miopia.
Sono
bambini iperattivi, non riescono a star seduti in un posto, chinati sui libri,
perché vorrebbero correre sfrenatamente in spazi sterminati. Obbligati a
restare molte ore seduti al banco, i loro occhi si ribellano non mettendo
a fuoco i caratteri delle pagine di quaderni e libri. Entrambe
le categorie, miopi e ipermetropi, saranno presi in giro dagli altri compagni,
con gravi ripercussioni sulla formazione del carattere dell’individuo, proprio
ciò che oggi succede con i NERD, che una volta si chiamavano semplicemente “secchioni”.
Il loro destino è l’isolamento. Se il mondo della scienza e della cultura in
generale avranno un vantaggio, per chi ne è portatore può significare una vita di
infelicità ed emarginazione.
La
casta medica dell’epoca di Bates non si preoccupava di curare le anime,
limitandosi a curare i sintomi manifestati dai corpi. Proprio come succede
oggi. Il metodo non è cambiato, come pure l’arroganza e la prepotenza delle
autorità sanitarie. Hamer è finito in prigione, non dimentichiamolo. Inutile
dire che Bates fu radiato dall’ordine dei medici. Voglio solo aggiungere, per
completare la biografia di quel medico americano, che faceva esperimenti su
animali, il che ci fa capire che il bene e il male non si possono tagliare con
un colpo netto e preciso, come diceva il Manzoni. Però se non avesse torturato
animali innocenti, mi sarebbe stato più simpatico.
Anzitutto
bisogna dire che per gli ipovedenti è possibile recuperare la piena e perfetta
visuale perché è una cosa che il nostro corpo ha già conosciuto. Si tratta di
permettere agli occhi di recuperare la piena funzionalità avendo essi le stesse
capacità di autoguarigione degli altri apparati e organi. Con gli occhiali non
glielo si permette.
Se,
come dice l’antica saggezza cinese, noi abbiamo o dovremmo avere sempre con noi
i nostri sei medici: sole, aria, cibo, acqua, sonno e serenità, il recupero
della perfetta visuale è possibile solo se si coltiva la serenità interiore,
che è la base su cui lavorano gli altri “cinque medici”.
Per questa ragione, pratiche di meditazione e di yoga sarebbero non solo utili, ma necessarie. E infatti la Bianchin fa yoga. Eliminare le fonti di malumore come le notizie nefaste dei telegiornali, sarebbe un’altra cosa da fare. E infatti, la Bianchin ha buttato la tivù. Badare a ciò che si mangia è ancora più importante. Qui non posso dire se la signora Bianchin sia vegana, perché non lo ha specificato, ma presumo di sì. Ha però detto di aver fatto il parto in casa e di non aver mai portato la figlia, che oggi ha sedici anni, dal pediatra, né tanto meno di averla mai vaccinata. Dunque, alla larga dai medici! E anche questo dovrebbe essere ovvio, ormai.
Per questa ragione, pratiche di meditazione e di yoga sarebbero non solo utili, ma necessarie. E infatti la Bianchin fa yoga. Eliminare le fonti di malumore come le notizie nefaste dei telegiornali, sarebbe un’altra cosa da fare. E infatti, la Bianchin ha buttato la tivù. Badare a ciò che si mangia è ancora più importante. Qui non posso dire se la signora Bianchin sia vegana, perché non lo ha specificato, ma presumo di sì. Ha però detto di aver fatto il parto in casa e di non aver mai portato la figlia, che oggi ha sedici anni, dal pediatra, né tanto meno di averla mai vaccinata. Dunque, alla larga dai medici! E anche questo dovrebbe essere ovvio, ormai.
L’approccio
che gli ipovedenti dovrebbero avere in questo processo di autoguarigione è di
tipo Zen. Non sarà con lo sforzo che si otterranno risultati, bensì con il
rilassamento. Anche la parola “esercizi”, la Bianchin preferisce evitarla.
Preferisce la parola “pratica”. La più importante delle quali è il
palmeggiamento. Poiché gli occhi hanno bisogno di riposare e sono ampiamente
innervati e vascolarizzati, ogni giorno si dovrebbe trovare un momento di
quiete, mettersi seduti comodi, sfregare le palme delle mani così da caricarle
di energia, chiudere gli occhi e posarvi sopra le mani a cucchiaio, ascoltare
il proprio respiro, rilassare i muscoli senza incrociare gambe o braccia,
sciogliere la tensione accumulata. Alla fine, dopo un periodo di tempo a
piacere, togliere le mani dagli occhi e riaprirli lentamente, sbattendo le
palpebre più volte.
Dopo
ci si sentirà meglio e gli occhi ringrazieranno.
C’è inoltre il metodo dell’oscillazione ampia, che si può fare sia seduti, sia in piedi. Si tengono gli occhi aperti ma rilassati, si spazia con lo sguardo da destra a sinistra e viceversa, lentamente, senza catturare nessun particolare. Serve per rompere la fissità dello sguardo. Oppure, si possono prendere dei bagni di sole, a occhi chiusi, ruotando la testa così da cogliere il calore solare, badando sempre a rilassarsi.
C’è inoltre il metodo dell’oscillazione ampia, che si può fare sia seduti, sia in piedi. Si tengono gli occhi aperti ma rilassati, si spazia con lo sguardo da destra a sinistra e viceversa, lentamente, senza catturare nessun particolare. Serve per rompere la fissità dello sguardo. Oppure, si possono prendere dei bagni di sole, a occhi chiusi, ruotando la testa così da cogliere il calore solare, badando sempre a rilassarsi.
Infatti,
come aveva intuito Bates, alla base di ogni disfunzione visiva c’è sempre un
problema di tensione, risolto il quale la vista migliora. Quando è toccato al
pubblico fare domande, non ho chiesto cosa succede a quelle persone che passano
tante ore della giornata davanti al computer, ma l’istinto mi dice che questa
semplice pratica dovrà d’ora in poi rientrare nelle mie abitudini di vita
quotidiane. E’ una questione di sopravvivenza e, in fin dei conti, è doveroso
volersi bene.
Riepilogando,
le pratiche per il recupero della vista dovrebbero essere improntate alla
rilassatezza, proprio per contrastare la rigidità imposta dagli occhiali. Si
dovrebbe fare il classico lavoro su se stessi, aumentando la propria
consapevolezza e considerare la mollezza delle nostre azioni come un valore,
piuttosto che il contrario. L’Occidente frenetico, viceversa, ci ha abituato a
considerare la pigrizia come un disvalore, cominciando da Dante che mise gli
accidiosi all’inferno. Ciò non di meno, abbiamo avuto i coniugi Axt che hanno scritto “L’elogio della pigrizia” e la signora Bianchin ha citato gli aborigeni australiani che
godono di una buona vista anche in tarda età, perché se non l’avessero, non
potrebbero cacciare e procurarsi il cibo. Quando hanno finito di cacciare, i
popoli che noi chiamiamo selvaggi stanno in ozio per molte ore, in un dolce far
niente. Nel mondo capitalista, al supermercato ci può andare anche un non
vedente, accompagnato dal suo cane guida.
A
me, quando la relatrice ha fatto l’esempio dell’indigeno d’Australia, è venuto
in mente Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure, che ebbe un calo di
vista proprio dopo essere entrato in contatto con l’ufficiale russo. Il che ci
trascina sul terreno dell’esoterismo (la relatrice ha citato anche Gurdjieff),
ma per un ascoltatore medio anche venir a sapere che i difetti di vista non
sono ereditari, è già qualcosa di esoterico. La signora Bianchin infatti dice
che se in una famiglia tutti portano gli occhiali, i geni non c’entrano e si
deve parlare piuttosto di eredità comportamentale. A questo riguardo, alle
neomamme la Bianchin consiglia vivamente di non indossare occhiali quando
guardano e accudiscono il proprio pargolo, per non frapporre una barriera e non
favorire l’insorgere di attitudini imitative da parte dei bambini.
Infine,
non poteva mancare un accenno a quegli occhialini forati chiamati “stenopeici”.
La Bianchin afferma che sono di valido aiuto per chi vuole guarire i propri
difetti visivi, perché, permettendo ai raggi di luce di colpire la fovea,
educano a una visione focalizzata. Non è consigliabile usarli durante la guida,
dato che eliminano la visione periferica, ma in tutte le altre occasioni sì. La
cosa migliore però è togliere gli occhiali del tutto e se si vuole fare una
passeggiata lontano dal traffico e dai pericoli, imparare a poco a poco a
camminare senza occhiali è cosa buona e giusta. Per i più cecati, come dicono a
Roma, in tal caso si può chiedere a un amico che ci accompagni.
Io,
per tutta la conferenza, ho tenuto gli occhiali nel taschino, cosa che da miope
mi andava anche bene per prendere appunti, e quando sono tornato a casa in
bicicletta, quasi verso mezzanotte, li ho lasciti lì. A casa ci sono arrivato,
se no adesso non stavo qui a scrivere questo articolo, ma ero in ospedale, forse.
Sul metodo Bates avevo letto tempo addietro questo:
RispondiEliminahttp://www.arnoldehret.it/il-metodo-bates-originale
dove si fa notare che molti promulgatori del metodo Bates non promuovano il metodo originale...
Luciano Gianazza avrà anche ragione, ma i consigli dati dalla relatrice ieri sera mi sembra siano del tutto aderenti con la versione originale del dottor Bates.
EliminaBel post, complimenti!
RispondiEliminaParticolarmente pedagogico.
Il metodo Bates dovrebbe essere obbligatorio fin dalle prime classi scolastiche come anche Hamer ed altri citati.
Ehm, ehm, ho fatto il maestro per 24 anni!
EliminaSi, ma non le sono bastati....
EliminaCit. "Sono bambini iperattivi, non riescono a star seduti in un posto, chinati sui libri, perché vorrebbero correre sfrenatamente in spazi sterminati."
RispondiEliminaNon sono stata una bambina iperattiva "ma volevo correre in spazi sterminati"
Che sacrificio stare seduta nel banco....
Cit."L’approccio che gli ipovedenti dovrebbero avere in questo processo di autoguarigione è di tipo Zen."
Di tipo Zen... mi piace...
Naturalmente essendo portata a credere che l'organismo umano possieda delle capacità latenti di autoguarigione, non posso che apprezzare e condividere questo articolo.
Forse da adulti e con le convinzioni ormai "ossidate" può non essere facile ottenere dei risultati, e quindi, come dice Andretta, la Scuola dovrebbe andare in questa direzione, verso la semplicità delle cose.
Ma si sa, si sono volute rendere le cose più complicate di quello che sono, io lascerei tutto in mano ai giovani e che vada come vada, purché non indottrinati politicamente, a me piace un tipo di gioventù spensierata, come in questo breve video (farebbero meno danni dei governanti attuali)
https://www.youtube.com/watch?v=kES2ozinUsc
Gli occhiali "stenopeici" li ho comperati al Festival dell'Oriente un paio di anni fa e in effetti quando li metto per almeno un quarto d'ora e poi li tolgo li per li vedo meglio, per praticità o quando ho fretta torno a mettere gli altri, ma in effetti piccoli risultati li ho visti, proverò ad abbinare anche la ginnastica consigliata e il rilassamento.