sabato 13 ottobre 2018

Scusa richiesta, innocenza manifesta


Quando qualcuno v’invita a casa sua e, nell’entrare, vi dice: “Non guardare il disordine”, non vi viene voglia di rispondergli: “Scuse non richieste, accuse manifeste”? A me sì, ma mi trattengo. Non tutti conoscono questo modo di dire e potrebbe non capire. Nella puntata di venerdì 12 ottobre di “Fratelli di Crozza”, il comico genovese sosteneva che Salvini dovrebbe chiedere scusa alla famiglia di Stefano Cucchi, come da qualche giorno chiede anche la sorella dello sfortunato ragazzo, Ilaria. Considerato che la Sinistra sta cercando spasmodicamente di sopravvivere all’estinzione, la ricerca di icone da santificare, come nel caso di Carlo Giuliani, a cui Rifondazione Comunista voleva dedicare un’aula parlamentare, dimostra quanto il comunismo sia affine a una religione laica, con tanto di santi del calendario da onorare.



Se Salvini dovesse chiedere scusa perché alcuni sadici carabinieri hanno ucciso di botte un povero disgraziato, dovrebbe fare la stessa cosa anche con le famiglie di Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e tutti quelli che hanno avuto la sfortuna di morire sotto le grinfie di poliziotti troppo violenti. E lasciamo stare tutti gli afroamericani finiti ammazzati dalla polizia statunitense. Vecchia diatriba. E’ giusto però che lo Stato, quando alcuni indegni suoi rappresentanti si comportano male, paghi un indennizzo alle famiglie della vittima, come già si fa in caso di ingiusta detenzione. Io, per esempio, nel lontano 1982, fui trattenuto in carcere a Udine 13 giorni, anziché le previste 48 ore, perché il magistrato pensava che facessi parte delle Brigate Rosse, cosa che non era. Nessuno mi ha mai risarcito quegli undici giorni di detenzione ingiusta, né io mi sono mai sognato di farne richiesta. Erano gli Anni di Piombo e i magistrati andavano giù con mano pesante. D’altra parte, non sono mai stato un cittadino modello – non lo sono neanche ora – e il gioco a chi frega l’altro, me e lo Stato, finirà solo alla mia morte. Mors omnia solvit.


Nel caso di Stefano Cucchi, che non deve essere criminalizzato in quanto spacciatore, vale il proverbio: “Chi muore giace e chi vive si dà pace”. La punizione per gli psicopatici che si annidano nelle forze dell’ordine è doverosa e non mancherà. Ilaria si dia pace.

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