Testo di Gianfranco Stella
Il boia. I commissari politici, presenti in ogni formazione partigiana marxista, avevano un potere a volte superiore a quello del comandante. Il loro compito era indottrinare e plasmare le acerbe menti dei giovani, insegnare loro a odiare e istigarli all'uccisione del nemico. Il partigiano che ammazzava un fascista - spiegavano - non doveva sentirsi un assassino. Tra i partigiani marxisti esplodeva un feroce piacere quando davano la morte al fascista e le imboscate, gli agguati venivano salutati con disumana ilarità, con grasse e orribili risate. Era la gioia omicida. Tra questi festosi combattenti si sceglieva il boia, poiché ogni formazione partigiana "doveva" averne uno. Si trattava generalmente di un egocentrico, di un individuo privo di emozioni, spavaldo, che per questa sua attività si inorgogliva. Accadeva, poi, che nell'efferatezza delle sue esecuzioni diventasse schiavo del proprio ruolo e finisse con l'uccidere senza odio. Tra i tanti esecutori a freddo cito un contadino della Valsesia, Giacomino Barbaglia. Era assai bravo nell'ammazzare tedeschi e fascisti, che poi seppelliva. Andava in giro col mitra e il badile. Nel dopoguerra divenne autista di Togliatti.
Nessun commento:
Posta un commento