Il giuramento di Ippocrate è più importante del Protocollo

Testo di Marta Del Giudice

Sappiatelo, non sono incazzata. Di più, molto di più. Ma molto molto di più. Sono un medico. Sono una professionista, non penso assolutamente di essere un'eroina. Penso però che la mia sia una professione particolare perché ho a che fare col bene più prezioso di un essere umano: la salute. Dopo la laurea ho prestato un giuramento, che per me non è un fatto formale ma sostanziale. Io credo fermamente in quel giuramento, il mio "lo giuro" era ed è ancora sentito, scolpito dentro di me. Il mio compito è aver cura delle persone che si rivolgono a me e fare tutto ciò che ritengo corretto, in scienza e coscienza, per salvaguardare la salute del mio paziente, tenendo conto il principio Principe del "primum non nocere".

Qualunque legge, qualunque decreto, qualunque protocollo non può indirizzare la mia scelta terapeutica, della quale mi assumo sempre la piena responsabilità. E non accetto che una persona di 94 anni sia lasciata morire, senza un sostegno, senza un accompagnamento, senza la possibilità di assistenza di un familiare e con un femore rotto in attesa di entrare al pronto soccorso. Perché non si può entrare se non fai il tampone, se no la devo mettere nel reparto covid. In una condizione di emergenza non ci sono leggi, non ci sono protocolli, non c'è nulla che possa impedirmi di soccorrere una persona che sta rischiando la vita. Tra il rischio di avere il covid ed eventualmente di infettare qualcuno ed il rischio di favorirne la morte, io scelgo il rischio di infettare. Prima metto in equilibrio - o almeno ci provo-, prima risolvo l'emergenza, dopo valuto il rischio di una malattia infettiva e prendo i provvedimenti del caso. Prima risolvo l'emergenza, prima mi prendo cura del paziente. Anche, eventualmente, accompagnandolo alla fine nel miglior modo possibile. Non lasciandola in ambulanza e facendola entrare solo dopo l'insistenza della figlia che vedeva il peggioramento. E non esco dopo 5 minuti dando la fede della mamma alla figlia e dicendo: "sua mamma è morta, questa è la sua fede. Ora è in camera mortuaria. Se vuole, ci faccia causa".

Cavolo, se scegli di fare il medico hai delle responsabilità che devi prenderti. E se non hai le palle per farlo, cambia mestiere! Non ora, ieri. Se poi questa è la sanità del futuro, se io come medico mi nascondo dietro un protocollo redatto non si sa da chi, se lascio che le decisioni per i miei pazienti le prendano altri ed io mi limiti a dire "questo è il protocollo"... Be', allora sono io ad aver sbagliato mestiere. E non ditemi che c'è il covid. Perché non si muore solo di covid ed il diritto alla salute è di tutti. E il dovere alla tutela della salute di tutti - e sottolineo, di tutti - è dello stato ma anche dei medici. E non possiamo sempre nasconderci dietro un "mi hanno detto che si deve fare così". Perché io, come medico, agisco in scienza e coscienza assumendomi la responsabilità di ogni mia singola azione. Sempre e comunque.