Fonte: Time for Africa
Incontri con l'autore.
Soumaila Diawara presenta il suo ultimo libro autobiografico "Le cicatrici del porto sicuro. Il diario di un sopravvissuto". Le cause ed i processi che provocano la fuga di milioni di persone. Le guerre per procura, dittature ed ingerenze. Foto e interviste raccolte di nascosto nel carcere e nel lager rischiando la propria vita. La decisione di pubblicare questo libro nasce dalla volontà di rendere testimonianza diretta della realtà disumana che centinaia e migliaia di donne, bambine, bambini e uomini vivono in quel luogo che va oltre l’orrore che è la Libia, nella speranza di poter incidere anche in minima parte nell'opinione nazionale e internazionale, che per la maggior parte ancora è cieca e sorda alle richieste di aiuto. Un libro documentario con foto e video delle condizioni disumane in cui versano le persone sull’altra sponda. "Una testimonianza necessaria per la memoria presente e futura della violenza sistemica che nel 21° secolo sta tormentando le vite di milioni di persone in fuga. Un’analisi storico-politica dei nessi tra neocolonialismo, guerre e migrazioni. Un racconto che va seguito attraverso le strade, le città, le oasi, i sentieri e i pericoli del territorio africano compreso tra Burkina Faso, Mali, Algeria e Libia; il passaggio verso l’Europa con la traversata disperata del Mediterraneo centrale e una serie di luoghi del sistema di accoglienza italiano delle persone richiedenti asilo dalla Sicilia a Roma".
Tratto dalla prefazione di Gennaro Avallone, professore di sociologia presso l’università di Salerno.
RispondiEliminaMeriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
m entre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia
Grazie.
EliminaIntramontabile.
Ma qual è il rapporto con il testo dell'articolo?
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EliminaAvallone, oltre alla prefazione, avrà mica scritto tutto il pippone, del negrone dalla faccia da lazzarone? In apparenza, ovviamente, mi sia honsentito dire, come intercalava Fanfani Amintore. Ke palle la negritudine, mi ha stufato.
RispondiEliminaSi chiamava Eugenio Montale, genovese, poeta ermetico. Un genio ormai dimenticato o quasi. Meriggiare pallido e assorto.... Un capolavoro. Riposa nel camposanto di San Felice a Ema, frazione di Firenze, sulla strada che porta al Poggio Imperiale, indi a scelta si va verso Porta Romana, oppure al Piazzale Michelangelo. Una
semplice lapide, nome, cognome, quello del poeta e della moglie, che riposa insieme a lui.
La muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia è la metafora della vita umana, poiché è da vecchi (in cima) che si presentano tutti gli acciacchi della salute (che pungono come cocci di bottiglia), insieme a tutti i dispiaceri possibili e immaginabili, a cominciare dal disincanto e dalla strage delle illusioni, per dirla leopardianamente.
EliminaGià....... Proprio così.
RispondiEliminaSiamo arrivati....in cima, caro Mauro, e io lo vedo su me stesso, alle prese quotidianamente con una fastidiosa cardiopatia.
EliminaMa lo vedo anche con le mie clienti anziane, una in particolare, costretta su sedia a rotelle, che affronta viaggi settimanali di non molti chilometri, soffrendo dolori alle gambe, tanto da farla piangere.
Eppure, resiste, e combatte, per non darla vinta alla malattia.
Donna ammirevole!
Da ciò che in questo blog è stato scritto nel tempo ho dedotto che e D. e Mauro B. hanno la mia stessa età e perciò sono in grado di valutare le sofferenze di vario tipo che hanno assillato il nostro disgraziato paese.
EliminaLa poesia del Montale riassume efficacemente i dolori provati dagli italiani nel tempo e quindi sembra superfluo un libro che ci illustri il dolore di altri.
Riassumendo: noi non stiamo bene, ma non ci consola conoscere nel dettaglio le sofferenze altrui.
Citazione:
Elimina"sembra superfluo un libro che ci illustri il dolore di altri"
Il Centro Balducci, uno dei luoghi dove sabato si tiene la presentazione del libro, è un "covo" di cattolici di sinistra. Lo dico rispettosamente.
Perciò è logico che si esalti la sofferenza dei poveri migranti, per far leva sui sentimenti degli italiani costretti ad accoglierli, considerato che la stessa nostra religione è basata sulla sofferenza di un ribelle che fu torturato e crocifisso.
Ora è chiaro, più chiaro, il tuo intento G. Dal Maso. Niente posiamo fare, ormai, credo, per il nostro sventurato paese, né per i nostri figli e nipoti, posto abbiamo (ho) avuto la pessima idea di procreare. Sopperiamo alla grammatica con la pratica.... Saluti.
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