mercoledì 18 ottobre 2017

Carestie in Africa, altri migranti in Europa


Fonte: Green Report

Kayoro Parish, nell’Uganda sudorientale, è uno dei tanti luoghi colpiti da una prolungata siccità iniziata nel maggio 2016 e dove il cibo stava diventando sempre più scarso, per questo i contadini, in attesa che tornassero le piogge,  hanno deciso di mettere insieme le loro povere risorse e piantare un grande campo comunitario di mais. Nella scorsa primavera sono tornate finalmente le piogge e il loro mais cresceva fiorente. Poi è arrivato  dal  nulla il fall armyworm, il bruco della lafigma (Spodoptera frugiperda), e le larve di una falena grigia mai vista a Kayoro Parish hanno cominciato a divorare il mais.


Come avevamo già scritto su greenreport.it l’espansione di questi bruchi provenienti dalle Americhe in tutta l’Africa era stata prevista dopo che erano stati scoperti per la prima volta nel gennaio 2016 in Nigeria. Nessuno sa per certo come la Spodoptera frugiperda sia arrivata sul continente africano, ma quel che è certo è che questo parassita si è diffuso in 28 Paesi, compresi Burundi, Rwanda, Kenya, Etiopia,  Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Mali – nei quali i problemi economici, sociali e climatici non mancano di certo – e che mentre si diffondeva ha distrutto più di 740.000 acri coltivati a mais, il cibo principale per oltre 200 milioni di africani.

Il fall armyworm  è un parente stretto dell’African armyworm  (Spodoptera exempta), endemico dell’Africa: entrambi i bruchi si nutrono non solo di mais, ma anche di riso, sorgo e grano. Kenneth Wilson, dell’Università di Lancaster, che ha studiato la specie africana per 25 anni e che ora fa parte di un working group della Fao, sta cercando di capire come arginare questa vorace specie invasiva. Wilson ha detto a Sierra Club Magazine che « l’African armyworm è da molto tempo un problema: solitamente attacca un’area, poi si trasferisce ad un’altra e questo lo rende solo una minaccia sporadica per la produzione e il raccolto in una determinata località. Non è così per il fall armyworm. Una volta che si è fatto strada attraverso le coltivazioni di cereali in una particolare zona, resta per vedere cosa altro può mangiare. Se sei un piccolo contadino che coltiva un po’ di mais, sorgo, qualche fagiolo e un po’ di pomodori, tutte queste colture sono potenzialmente a rischio fall armyworm». 

In Uganda è stato accertato che Spodoptera frugiperda si nutre di almeno 80 specie vegetali e che ha infestato oltre il 40% delle colture. L’Uganda, come gran parte del resto dell’Africa, sta già subendo gli effetti devastanti del cambiamento climatico: i modelli meteorologici sui quali si basavano i contadini sono sempre più irregolari, la siccità è sempre più forte e prolungata e le piogge sempre più scarse, violente e concentrate e i piccoli contadini come quelli di Kayoro Parish  non hanno altro cibo a disposizione se piove troppo o troppo poco e se i loro raccolti falliscono. Il bruco della falena americana è arrivato proprio quando i piccoli agricoltori africani stanno combattendo con la crescente insicurezza alimentare a causa di cambiamenti climatici.

E il  riscaldamento globale può anche essere un fattore che spiega la rapida diffusione della Spodoptera frugiperda in tutto il continente africano. Secondo Wilson «è troppo presto per conoscere sicuramente la nuova specie invasiva, i 50 anni e più di dati sull’African armyworm dimostrano che la popolazione esplode dopo periodi di siccità. Si pensa che sia possibile che le siccità intensificate  causate dal cambiamento climatico possano favorire entrambe le varietà di bruchi».  In Sud America, dove il fall armyworm ha infestato le coltivazioni da decenni, i contadini hanno utilizzato una combinazione di colture geneticamente modificate e di pesticidi per tenerlo in gran parte controllato, ma si tratta di un approccio costoso ed ecologicamente dannoso. Wilson pensa che non sia sostenibile per la maggior parte dei piccoli agricoltori africani e sottolinea: «Sappiamo che sta già sviluppando una resistenza sia alle colture OGM che ai pesticidi».

Wilson è specializzato nella produzione di pesticidi biologici, sviluppati da batteri, baculovirus e funghi che combattono naturalmente i parassiti e ha già identificato un virus che uccide l’African armyworm, ma purtroppo non uccide il fall  armyworm, per questo sta analizzando diversi biopesticidi per vedere se esistono prodotti commercialmente disponibili che potrebbero funzionare come un’alternativa ai pesticidi chimici ai quali i governi africani si stanno affidando per affrontare le infestazioni di Spodoptera frugiperda. Ma per quanto questi biopesticidi riusciranno a fermare il bruco invasore? Wilson fa l’esempio di alcune aree dell’America Centrale, dove il bruco della lafigma non è mai stato un grosso problema: «Gli agricoltori dicono che è perché hanno buone pratiche integrate di gestione dei parassiti. Fertilizzano il suolo con fertilizzanti organici, cercano faticosamente le uova nelle loro coltivazioni e hanno colture miste, come le piante da fiore che aiutano a nutrire i loro nemici naturali».


Ma si tratta di un lavoro che in Africa richiederà tempo e significativi investimenti esterni. Wilson però è convinto che i Paesi extra-africani dovranno prendere molto sul serio questa minaccia: «E’ solo questione di tempo prima che il fall armyworm arrivi nello Yemen e nell’Europa meridionale (cioè in Italia, ndr). Per l’Europa e l’Asia, ci dovrebbe essere un elemento di interesse locale. E’ un problema globale. Arriverà ovunque».

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