Testo di Vincenzo Ferri
Rodenticidi in libera vendita: un disastro ecologico. E’ diventata una mania. Ormai vedi trappole rodenticide ovunque. Imposte da normative sanitarie per il contenimento di ratti e muridi in generale, ma anche per semplice prevenzione o per assurde paure di antigieniche infestazioni, nei centri urbani più moderni come nel più sperduto edificio rurale. E purtroppo non sono solo ditte autorizzate ed attrezzate a posizionare e controllare trappole ed esche tossiche, ma tanti semplici cittadini, che ormai acquistano veleni per topi, senza vincoli e senza pensarci due volte. La maggior parte di questi veleni – venduti nei supermercati e nei negozi di ferramenta – sono “rodenticidi anticoagulanti di seconda generazione” (SGAR) noti anche come anticoagulanti monodose. Questi veleni estremamente potenti rimangono nel corpo dei piccoli mammiferi roditori per giorni. Basta una singola “rosicchiata” per ucciderli in circa una settimana, agendo fluidificando il sangue e dissanguandoli lentamente. Tuttavia, prima dell'esito mortale il piccolo roditore può continuare a nutrirsi all'esca tossica (il veleno continua ad accumularsi nei suoi tessuti), rimanendo nelle vicinanze, ma può allontanarsene, finendo quale facile preda – dato il comportamento letargico e la perdita di attenzione - di piccoli carnivori, ma soprattutto di rapaci diurni e notturni. Si tratta di uccelli già molto in difficoltà: secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), il 30% delle specie di rapaci nel mondo sono considerate quasi minacciate (NT), vulnerabili (VU), in pericolo (EN) o in pericolo critico (CR).
Le maggiori minacce per queste specie sono la perdita di habitat, l’esaurimento delle prede, il cambiamento climatico, le malattie e l’esposizione a sostanze tossiche. Sebbene l'avvelenamento da piombo sia stato descritto tra le più gravi e diffuse minacce, è l’assunzione di rodenticidi la causa prima di morte. Questo poiché i topi rappresentano una fonte trofica primaria per i rapaci: essi sono predatori efficienti nel controllo di topi e arvicole e studi indicano che una singola famiglia di barbagianni può catturare e mangiare da 1.000 a 3.000 roditori ogni anno. Mangiare un singolo roditore avvelenato probabilmente non ucciderà un predatore, ma cosa succede quando i predatori sono continuamente esposti a prede avvelenate? Questo è probabilmente ciò che accade nelle nostre città, periferie e fattorie, ogni giorno dell’anno.
In uno studio effettuato tra il 2006 ed il 2016 (Murray, 2020) è stato accertato che il 91% dei rapaci rinvenuti morti o ricoverati presso un Centro di Recupero del Massachusets (USA) è risultato positivo a due o più tipi diversi di rodenticidi anticoagulanti (AR), e tra essi quelli più frequenti erano gli AR di seconda generazione (SGAR) brodifacoum, bromadiolone e difetialone. Un più recente studio che ha interessato quattro diffusi rapaci notturni australiani (Cooke et al., 2023) in drammatico calo, ha purtroppo confermato questa situazione. Sono state analizzate le carcasse rinvenute in svariate tipologie d’habitat e dentro e fuori gli abitati, ricercando nel loro fegato tracce di 8 Ars. Effettivamente riscontrati nel 92% degli esemplari analizzati, spesso associati tra loro, con effetti devastanti e causa diretta della loro morte. Sia negli USA che in Australia i ricercatori hanno chiesto di rivedere tutti i regolamenti vigenti sul commercio ed utilizzo dei rodenticidi. Negli USA peraltro l’EPA (Environmental Protection Agency) aveva già nel 2008 inasprito le regole sulla vendita degli SGAR, ma con poca o nulla conseguenza sull’impatto sempre peggiore di queste sostanze chimiche.
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