sabato 15 giugno 2013

La detenzione è già stress

 


Uno studio pubblicato nel 2004 ha evidenziato l'ovvietà: le normali pratiche condotte in laboratorio sono causa di forte stress per gli animali.
Non ci sorprende il risultato (è ovvio anche per i bambini che essere sottoposti a manipolazioni, iniezioni, prelievi di tessuti, alimentazione forzata col sondino sia una tortura) né che abbia evidenziato l'ovvietà, dato che la stragrande maggioranza delle pubblicazioni "scientifiche" non fa che confermare qualcosa di lapalissiano e conosciuto da tempo.
Nonostante i vivisettori e i vivisezionisti si prodighino nell'affermare che gli animali negli stabulari stiano meglio dei pazienti negli ospedali e che siano animali tranquilli, normali e felici, la realtà è evidentemente un'altra.
Come ogni volta in cui si giunge a una consapevolezza scientifica e concreta sulla sensibilità e profondità degli animali, non ci si può non soffermare sul paradosso dato dal fatto che tale consapevolezza sia ottenuta mediante la tortura.
Lo studio, condotto da Balcombe, Barnard e Sandusky si intitola "Laboratory routines cause animal stress" e qui potete leggerne il breve abstract (la famosa trasparenza di cui vanno cianciando i ricercatori).

È interessante notare come il test non sia stato condotto provando pratiche invasive, ma solo e unicamente pratiche comunissime, presenti in ogni esperimento, quali iniezioni, alimentazione forzata tramite gavage e manipolazione, financo operazioni di routine come il sollevamento, lo spostamento e la pulizia della gabbia.
Queste prove hanno evidenziato un aumento dei parametri di stress pesante (che comunque offrono un dato superficiale e parziale, una semplice punta dell'iceberg di un universo di dolore inesplorabile) dal 20 al 100%, i cui effetti sono perdurati per almeno 30 minuti.
È anche interessante notare come i parametri considerati "non di stress" siano stati raccolti su animali imprigionati nello stabulario, quindi già necessariamente e ovviamente provati psicofisicamente dalla prigionia continua.
Ecco un altro dei tantissimi studi scientifici che i ricercatori, sempre pronti a sbandierare la loro coerenza razionale e scientifica, ignorano deliberatamente per continuare a torturare all'eterna ricerca di una nuova pubblicazione con la quale allungare i curricula.
Ecco come l'integrità etica di chi nega la sofferenza dei prigionieri nei laboratori, trovi fondamento solo nella volontà di perseguire il proprio lavoro, ostinandosi a ridurre a merce e oggetto individui desiderosi e meritevoli di libertà.
Ecco come crolla su se stessa l'ipocrisia di quella casella eternamente barrata su ogni protocollo dei vivisettori, per farsi autorizzare nuovi esperimenti, e che recita: “poco o nessuno stress”.
Ecco come la coerenza scientifica delle ricerche sia pari a zero, dato che le ripercussioni dello stress sui dati successivamente ottenuti sono incalcolabili e certamente condizionano pesantemente qualunque tipo di misurazione.

Nella foto un topo che cerca disperatamente di fuggire dalla sua prigione, in una delle immagini dello stabulario di Farmacologia occupato il 20 Aprile scorso.

Il muro di silenzio si regge su falsità, impegniamoci ad abbatterlo!

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