lunedì 9 ottobre 2017

L’evoluzionismo è un mito catastrofico


C’è un pensiero dominante, accademico, che tiene lontani tutti gli altri pensieri, un po’ come fa una certa razza aliena – e se n’era accorto già Charles Fort agli inizi del Novecento – che tiene lontane tutte le altre razze cosmiche dalla riserva di caccia chiamata Terra. Il pensiero che nella scienza la fa da padrone, e che si riverbera poi nella società, è il neodarwinismo, basato sulla selezione naturale e la competizione. Tale nefasta visione del mondo ha portato al libero mercato. Di modo che, se gli argentini riescono a vendere le loro arance, nei supermercati COOP italiani, a minor prezzo rispetto a quelle provenienti dalla Sicilia, è giusto e darwiniano che il consumatore compri arance che hanno attraversato l’Atlantico per arrivare in Italia, a differenza delle arance sicule che hanno dovuto solo risalire lo Stivale. Poco importa che i coltivatori argentini le irrorino in abbondanza con pesticidi cancerogeni, che le fanno durare più a lungo di quelle siciliane. Altro esempio di liberismo economico: se le cipolle della Nuova Zelanda costano meno di quelle italiane è giusto che i clienti delle COOP le comprino, e poco importa che abbiano attraversato mezzo pianeta, provenendo dagli antipodi. 


La competizione, in base alla quale i piccoli negozietti di alimentari soccombono per lasciar posto ai supermercati, quando non succede che anche certi supermercati soccombono per lasciar posto ai grandi magazzini, è giusta e sacrosanta. E poco importa che droghieri, pizzicagnoli, commesse e cassiere vadano ad ingrossare l’esercito dei disoccupati. Le leggi della sopravvivenza del più forte dicono proprio questo: il piccolo, il debole, è condannato a sparire e a lasciar vincere il grande e il forte. Nella scuola è la stessa minestra. Ai bambini si inculca la competizione, piuttosto che la cooperazione e ciò genera frustrazione in chi non si sente all’altezza e a montarsi la testa in chi invece emerge sopra gli altri. Non è che magari il bullismo nasce proprio da questo substrato mentale? Eppure, come dice il biologo Enzo Pennetta, in natura è più importante la cooperazione invece della competizione, che è secondaria come meccanismo di equilibrio degli ecosistemi. Perché nella società umana dovrebbe essere diverso? A chi conviene mantenere l’umanità in uno stato di perenne paura, ansia, insicurezza, competizione e lotta sociale? Io un sospetto su chi siano i registi occulti di tale situazione ce l’ho.

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