Fonte: Vegolosi
“Viviamo in mezzo alle
mode, che spesso nascono da gruppi d’interesse, da chi vuole
spingere, magari per interesse economico, un alimento al posto di un
altro”. Con queste parole il Ministro della Salute Beatrice
Lorenzin, ha accompagnato il convegno organizzato da Assocarni e
Coldiretti, tenutosi a Jolanda, comune in provincia di Ferrara, in
occasione della presentazione delle “stalle del futuro”, eco
sostenibili e attente al benessere degli animali. Sarebbero, quindi,
le lobby della soia e dei produttori dei vegetali a muovere il
mercato verso il vegetariano e il vegano, mentre la campagna di
comunicazione asfissiante sulla qualità della carne sarebbe
solamente una mossa di contro informazione.
“Un progetto che farà
scuola” quello
delle stalle 4.0, come ha sottolineato in video conferenza il Ministro delle Politiche
Agricole Maurizio Martina. Ma che cosa succede, quali sono gli
obiettivi di questa sorta di “bonifica” dell’idea di
allevamento intensivo? Facile: il “drammatico” calo
del patrimonio bovino nel
nostro paese: “Il calo dei consumi – riporta Coldiretti in
una sua
nota ufficiale– ha portato alla chiusura di ben 4mila
stalle dal 2010 ad
oggi mentre il numero degli animali allevati è il più basso
dal dopoguerra, sceso ad appena 5,9 milioni, dopo aver raggiunto un
picco record di 10 milioni nel 1968. Il risultato è che negli ultimi
25 anni l’Italia
ha perso il 33% dei bovini da carne ma
importa quasi la metà della carne consumata”.
Insomma, in Italia il
consumo di carne rossa cala drasticamente e il problema sembrano
essere gli attacchi sconsiderati di vegani, vegetariani, animalisti e
le mode alimentari: la consapevolezza dei cittadini sulla
reale situazione che sta dietro alla produzione di carne non ha
ruolo, o meglio lo ha secondo il Ministro Lorenzin, ma esattamente al
contrario. “Dobbiamo insegnare ai nostri cittadini la
consapevolezza” dice: quella legata, ovviamente, al fatto che la
carne è un alimento sano, che viene da stalle e allevamenti
sani, dove gli animali mangiano bene e dove i loro escrementi vengono
riciclati per le coltivazioni. Una superficie di 33.000 metri quadri
con 9000 bovini. La carne si
compra meno, ma nonostante questo ecco che se ne continua a
“produrre”, nella speranza che questa “ondata” di sfiducia
nei confronti dell’alimento, come l’ha definita il Ministro della
Salute, decada presto. Eppure nessun accenno ai dati dell’OMS, o
alle decisioni di alcuni paesi come il Belgio di spostare la carne
processata addirittura fuori
dalla piramide alimentare, come a dire “Anche no”.
Mode, tirate di giacca, quindi:
i cittadini si sono lasciati irretire
dalla paura che
la carne
faccia male, nello stesso modo in cui, secondo i produttori di
carne indignati, non sarebbero in grado di distinguere fra un burger
a base di zucchine e fagioli e un buger di Chianina. Nessun
riferimento al fatto che, negli ultimi anni, invece quei cittadini
abbiano potuto
vedere che cosa c’è dietro agli allevamenti dal punto di
vista morale. Con 260 milioni di investimenti, il ministro Martina,
però, vuole lavorare alla tracciabilità, alla filiera, in modo che
i consumatori sappiano da dove arriva la carne, persino quella dei
ristoranti. E allora ecco l’idea della “bistecca
green“: se i dati
parlano di italiani che puntano ad alimenti a basso impatto
ecologico, ecco che la carne, il cui sistema produttivo nel mondo
determina, secondo i
dati della FAO, il più grande impatto sull’ambiente in termini
di emissioni di gas serra, deve rifarsi
il look, ed ecco,
quindi, le nuove stalle: pulite, ordinate, eco sostenibili, esposte.
La carne che perde terreno nel
nostro paese ma sulla quale il Ministro della Salute rincuora i
cittadini: “In
mezzo ai radicalismi c’è
l’equilibrio: la nostra dieta mediterranea, patrimonio dell’Unesco,
con la sua piramide alimentare che vede
in cima proprio la carne“.
Già, in cima, e nelle piramidi alimentari la cima ha un significato
netto: poco o niente.
Digitate:"Salvini rivelazioni sulla carne "
RispondiEliminaQuest'uomo non è il mio leader.
EliminaNessuna parola di pietà per le mucche. Più parla e più lo odio.