Testo di Giulio Meotti
Una storia bellissima, incredibile, tragica. Ci sono 14.000 cristiani iracheni cacciati dall'Isis e che vivono in Giordania, dove sono assistiti e aiutati da una grande organizzazione israeliana. Sì, israeliana. Si tratta della International Fellowship of Christians and Jews e ha costruito una clinica ad Amman, dove i cristiani ricevono cure, cibo e soldi. Come Carlos Barbar, fuggito dal villaggio cristiano di Batnaya. Uno dei terroristi gli strappò la croce dal collo e disse a Carlos di calpestarla. “Gli risposi, ‘ti metto un piede sul collo, ma mai sulla croce, ho il mio Dio ed è anche il tuo’”, ha raccontato Carlos. La canna di un fucile lo colpì alla testa e crollò. Al risveglio, Carlos pendeva dal soffitto. “Mi hanno picchiato con un bastone pieno di chiodi, mi hanno legato e messo il sale sulle ferite”. Dopo mesi di agonia, Carlos è riuscito a raggiungere prima Baghdad e da lì Amman, dove oggi è aiutato dagli israeliani.
"Avevamo già aiutato la comunità copta in Egitto, dove i bambini sono stati strappati dagli autobus e uccisi solo in quanto cristiani”, ha detto il fondatore, Yechiel Eckstein, la cui organizzazione assiste anche cento famiglie druse fuggite dalla Siria, dove sono massacrate dagli islamisti. "Come le comunità ebraiche di tutto il medio oriente e il Nord Africa, c’erano comunità cristiane in questi luoghi da duemila anni, ma ora sono state spazzate via”, ha detto Eckstein. La clinica israeliana di Amman non ha nomi ebraici fuori e non vi si porta la kippah per sicurezza. Ma i cristiani iracheni se lo ricordano bene, quando avevano dei vicini di casa ebrei, prima dei pogrom e del salvataggio israeliano via Kurdistan. Oggi non c'è più un solo ebreo. Una storia che si è ripetuta coi cristiani. I fondamentalisti islamici lo avevano promesso: “Prima il Popolo del Sabato (gli ebrei), poi quello della Domenica (i cristiani)”. Sono stati di parola. I governi europei invece la loro parola per questi cristiani l'hanno tradita. Sono i rifugiati che nessuno ha voluto accogliere.
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