lunedì 8 ottobre 2018

Ecce autistam (seconda parte)


Mauro Della Schiava: Il tuo essere autista ti porta a conoscere persone diverse, persone nuove, tuttavia vorrei insistere sul fatto che vivi in un paesotto della pianura friulana e qui esistono i pregiudizi di chi semplifica. Così ti chiedo con quali pregiudizi ti confronti (non per forza negativi) oggi in riferimento al tuo passato? Inoltre, per le nuove generazioni che ti stanno attorno continui a subire un certo effetto Pigmalione o sei “altro”?

Me: Non voglio fare il difensore d’ufficio del paesotto Codroipo, perché secondo me non c’è niente da difendere, ma penso che i pregiudizi si trovano dappertutto, ad ogni livello e in tutte le classi sociali. Anche tu che mi chiedi di parlare di pregiudizi ne hai molti, e anch’io, ovviamente, non ne sono esente. Con i pregiudizi si deve imparare a convivere, anche perché sono il prodotto del lavorio del cervello e non rappresentano altro che previsioni riguardo al prevedibile comportamento di sconosciuti, cioè se possono nuocerci o favorirci. Il pregiudizio aiuta perché è tutto sommato frutto di esperienze passate, nostre o di altri di cui siamo venuti a conoscenza. Se dico che i negri hanno la musica nel sangue e gli zingari rubano, dico delle ovvietà, non dei pregiudizi. Di modo che, se i primi tutto sommato non danneggiano nessuno, quando ballano e suonano e cantano, dei secondi è meglio diffidare. Non farlo sarebbe da stupidi.


Il mio essere autista mi porta a incontrare due generi di persone: i clienti solventi e quelli insolventi. Se voglio rendere produttivo il mio lavoro e onorare le mie fatiche, devo sviluppare quella capacità istintiva di riconoscere gli uni e gli altri. Anche in questo caso, dai clienti insolventi è meglio stare alla larga. Io non sono un’opera di beneficienza, il mio tempo è prezioso e le mie fatiche di farmi trovare presente all’appuntamento a tutte le ore, devono essere rispettate. In quanto alla crescita culturale ed esistenziale, giacché è quello il senso della tua domanda, posso dire che gli insolventi sono una minoranza rispetto ai solventi e questo potrebbe dare una risposta alla vecchia diatriba secondo cui ci si è a lungo chiesti se l’umanità sia fondamentalmente buona o fondamentalmente cattiva. Depone a favore della prima ipotesi. Buoni sono tutti quelli che mi pagano quanto pattuito, possibilmente senza mercanteggiare più di tanto.

Il mercanteggiamento, le discussioni, le contrattazioni, sono fisiologiche e io le tollero solo se durano meno di un minuto. Se si protraggono oltre i sessanta secondi, io entro in modalità nervosismo, la circolazione sanguigna accelera, il battito cardiaco pure e io maledico il momento in cui ho cominciato a fare l’autista. Siccome non ho intenzione di maledire quel momento, perché tutto sommato è un lavoro poco faticoso che al momento sono in grado di fare, comincio a mettere mentalmente una grossa croce su quel cliente, così che non ci sarà una volta successiva e, per legittima difesa, cioè per salvaguardare la mia salute, arrivo a bloccare il numero o i numeri di telefono che gli appartengono, così da non essere più disturbato. Quel genere di clienti, che si possono anche definire “furbetti”, pensano di poter vivere a scrocco sulle spalle dell’umanità. I Rom e i Sinti lo fanno da secoli, per rispondere alle loro esigenze di libertà e di esenzione dalla schiavitù del lavoro. Lo facessero senza mancarci di rispetto, a noi che storicamente siamo “schiavoratori”, lo si potrebbe anche tollerare, ma ci trattano con disprezzo, chiamandoci “gagi”, nel preciso momento in cui ci alleggeriscono del portafoglio o dei gioielli di famiglia nelle nostre case.

Ecco che, anche in questo momento, la lingua batte dove il dente duole e io sono finito a parlare di clienti insolventi che mi hanno danneggiato sul piano sia fisico che psicologico, mentre sarebbe più edificante e salutare per tutti se parlassi delle brave persone che mi danno quanto stabilito. E lo fanno, bontà loro, ancora prima di salire in macchina. Questa non è la regola. Normalmente il cliente prima viene portato nel luogo richiesto e poi paga. Così succede con i clienti che trasporto per la prima volta. L’ultimo che mi ha dato la soddisfazione di vedere che era rimasto contento dei miei servigi è stato un ragazzo siciliano di nome Francesco. L’ho portato dalla stazione di Codroipo a un’azienda agricola di Sivigliano, frazione di Rivignano Teor. Più che di agricoltura, l’azienda alleva trote per uso gastronomico e il mio giovane cliente, residente a Udine ma senza macchina, si è specializzato alla facoltà di produzione animale del capoluogo friulano.

Ho simpatizzato con lui facendogli da Cicerone mentre compivo quei chilometri che ci separavano dalla sua meta. Non aveva mai visto la Villa Manin di Passariano, per esempio. Mi ha detto di dove era originario, Caltagirone, dove mi recai negli anni Ottanta. Gli raccontai cosa vidi nel suo paesotto. Così stabilimmo un contatto, di quelli che umanamente parlando piacciono tanto a te che mi fai questo genere di domande pretesche. L’ho accompagnato presso l’allevamento di trote per un colloquio di lavoro. Ho aspettato una ventina di minuti nella macchina, che avevo parcheggiato all’ombra, leggendo un libro. Dopo di che è venuto a dirmi che potevo andare e non occorreva aspettare ulteriormente giacché le impiegate dell’azienda gli avrebbero dato un passaggio per la stazione di Codroipo, dopo avergli fatto vedere gli impianti. Quindi deduco che, se gli facevano vedere le vasche delle trote, il colloquio era andato bene e l’assunzione era quasi certa.

Mi sono mentalmente felicitato con lui, ho intascato i 20 euro e tutto questo considerando che ho un passato da animalista liberazionista, non mangio animali, nemmeno i pesci e, incredibile a dirsi, ho anche danneggiato le reti di contenimento e altri manufatti di quel genere di allevamenti, non proprio quelli dell’azienda in oggetto, ma di altre simili in quella zona. Era l’epoca in cui facevo parte di Animal Liberation Front. Credevo nei sabotaggi senza spargimento di sangue, cioè senza usare armi ed esplosivi, e cercavo di liberare quanti più animali possibile dalla loro prigionia, pesci compresi. Ora porto i loro aguzzini in cerca di lavoro come esperti di produzione animale, cioè di quella scienza che mira a sfruttare di più e meglio gli animali stessi. Sono un traditore? O sono solo un rassegnato all’andazzo mortifero delle cose? Ai posteri e ai lettori di queste righe l’ardua sentenza. In quanto alla seconda parte della tua domanda, ti risponderò la prossima volta, se del caso.
Prima parte qui: https://freeanimals-freeanimals.blogspot.com/2018/10/ecce-autistam.html

3 commenti:

  1. Io farei una cernita accurata dei materiali biologici che trasporta ,vecchietti e basta sa e' un attimo ritrovarsi la borsa convertita a pelle di daino per il parabrezza ,la jugoslavia e' li vicino gli slavi non scherzano bel film che le ho gia consigliato " il tramite film completo " mentre con l'audio basso" Masai bianca film completo" dal momentous che le piace l'africa

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