martedì 22 gennaio 2019

Le antiche origini del veganismo


Fonte: Associazione Cometa (mail)

Un paio di mesi or sono avevamo annunciato che avremmo dedicato qualche calendario, piuttosto che a notizie locali e a curiosità naturalistiche, al tentativo di comprendere l’origine del sentimento che lega gli uomini (ma solo i migliori) agli animali. In quel calendario abbiamo cominciato dalla Bibbia, mostrando come solo dopo la cacciata dall’Eden l’uomo cominciasse a nutrirsi di carne. Riallanciandoci al discorso cominceremo con l’osservare che il mito del Paradiso terrestre non è esclusivo della Bibbia, ma comune a molte culture dell’Oriente. E’ anzi probabile che gli estensori del libro della Genesi si siano appropriati di narrazioni precedenti, tanto più che alcuni dettagli degli eventi biblici, come la condanna per aver mangiato il frutto proibito e la creazione di Eva a partire dalla costola dell’uomo si ritrovano nel mito sumero di Dilmun, di almeno 1.500 anni precedente a quello biblico.

Un’altra - e per noi interessante - caratteristica comune a tutti questi miti dell’Età dell’Oro è l’esistenza di un rapporto speciale e ugualitario tra uomo e animali, e perfino il fatto che l’uomo dell’Eden sapeva parlare la lingua degli animali. Ovviamente questi miti, che sono alla radice del vegetarianesimo, affondano le loro radici in un’antichità nebulosa e incerta, ma basta avvicinarsi un po’ alla nostra epoca per trovare attestazioni scritte e fuori di dubbio. Nell’area mediterranea furono i Pitagorici e gli Orfici, due correnti filosofiche che si diffusero a partire dal VI secolo a.C., ad astenersi con estremo rigore dal mangiar carne.


Nonostante la quantità di opere letterarie e musicali di cui è protagonista, chi fosse realmente Orfeo non lo sa nessuno. Una leggenda lo dice figlio di Calliope, la musa della poesia epica, ispiratrice di Omero, e del re di Tracia, e che sia stato contemporaneo della guerra di Troia. Probabilmente il vero Orfeo fu una sorta di viandante greco che intendeva portare il culto di Apollo (dio del sole e delle arti) alle popolazioni dell’est, fino alle coste del mar Nero. Ipotesi sorretta dal fatto che in Tracia era già attiva una cultura sciamanica di origine scita che venne incorporata nel sistema di valori del buon Orfeo (sistema cui in seguito si diede il nome di Orfismo, che a sua volta divenne il nucleo della credenze pitagoriche).


L’elemento fondamentale della dottrina orfica, ereditato dallo sciamanesimo, è la fede nell’immortalità dell’anima (concezione ignorata dalla cultura greca dell’epoca) e la possibilità di conservarla solo attraverso una vita di purezza. Tra le regole imposte per raggiungere la “salvezza orfica” la principale era costituita dall’astenersi dalle uccisioni, anche da quelle sacrificali (quindi agli dei si può tributare solo l’offerta di incenso), e di conseguenza un’alimentazione a base di vegetali (anche le uova erano escluse). L’Orfismo e il successivo Pitagorismo furono quindi i primi movimenti filosofici europei ai quali si può attribuire una forte e indiscutibile connotazione animalista e vegetariana.

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