Fonte: Mio articolo del 13 settembre 2016
Dopo i pesci, gli uccelli. Se per ragioni storiche e psicologiche i pesci, per la loro natura aliena, non hanno mai suscitato più di tanto la nostra compassione, con gli uccelli gli esseri umani hanno un altro approccio. Grosso modo gli uccelli si possono dividere in due grandi categorie: quelli canori e quelli che non lo sono. A questi ultimi è stato riservato il destino di essere divorati e ai primi quello di essere imprigionati in attesa che cantino, ma in entrambi i casi si nota la ferocia umana che fa di tutto il Creato un oggetto da usarsi a propria discrezione. Si chiama antropocentrismo, dal mio punto di vista è la fonte di tutti i mali e non vale la pena ribadirne il concetto, di tanto ovvio e palese che è. L'uomo al primo posto sta all'etnia al primo posto come lo specista sta al razzista. E chiudiamo qui il pistolotto! Nella vita sociale delle città del Madagascar, per scendere dall'empireo delle teorie morali, è possibile incontrare per strada bambini che girano vendendo piccoli uccelli, presi di solito dopo averli storditi con le fionde. Non frequentando la scuola, schiere di ragazzini armati di fionde autocostruite, girano le periferie e le boscaglie attorno ai villaggi cercando di abbattere piccoli ploceidi, con l'approvazione degli adulti che a quell'età facevano la stessa cosa (vischiosità educativa, la chiamano i pedagogisti) e ora fanno la stessa cosa ma su animali più grandi (zebù, maiali, ecc. che vengono abbattuti con strumenti più micidiali delle fionde).
A un occhio disincantato, cioè libero dal fascino perverso della morte e delle tecniche di sopravvivenza, non meno fascinose, dei popoli nativi, tutto ciò appare come la sistematica devastazione di una natura che è prodiga suo malgrado, ma che, sempre all'occhio disincantato di prima, sta dando da tempo segnali d'insofferenza. Gli occhi dei malgasci, purtroppo, siano essi adulti o bambini, non riescono a cogliere quei segnali e continuano per forza d'inerzia a devastare e distruggere, ottenendo un qualche vantaggio economico per sé e nel contempo impoverendo tutti. Si capisce che se abilissimi ragazzini frombolieri si accaparrano uccelletti rari, poi non ce ne saranno più per gli ornitologi vazaha amanti del birdwatching, e a me sembra già di sentire le obiezioni dei benpensanti: “Chissenefrega degli ornitologi! Qui c'è gente che muore di fame!”.
A parte il fatto che non è vero, che i ragazzini e i loro familiari muoiano di fame, ci potrebbero essere delle vie di mezzo. Ovvero, delle mediazioni e dei compromessi. Io, ornitologo vazaha, ti do gratuitamente sacchi di riso in abbondanza, a patto che tu ragazzino descolarizzato lasci in pace gli uccelli. Oppure, tanto per allargare il discorso e renderlo maggiormente comprensibile, io, biologo marino vazaha, do a te pescatore del villaggio di Ankilibe grandi quantitativi di riso a patto che tu, se nelle tue reti ti capitano delle tartarughe marine, le ributti in mare senza ferirle. Nella realtà sapete cosa succede? Che il ragazzino descolarizzato e il pescatore di Ankilibe, dopo aver preso i sacchi di riso, se ne fregano delle promesse fatte ai vazaha e continuano imperterriti a catturare uccelli e tartarughe marine, ché tanto la polizia è collusa, mentre i vazaha sono, per antonomasia, dei coglioni. Vi sembra giusto? Io mi sento preso in giro. Mi sento avvilito e amareggiato. E anche un po' coglione!
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