Iguane lontane dalla patria
Vi propongo un semplice quiz zoogeografico. Se vi dico “iguana”, quale parte del mondo vi viene in mente?….esatto! Bravi! Centro e Sudamerica. E invece, la Natura fa strani scherzi, anche in fatto di diffusione delle specie, poiché ci sono iguane anche a migliaia di chilometri di distanza da dove si presume sia la loro patria d’origine. Dipende dalla Pangea, ovvero da quando, milioni di anni or sono, le terre emerse erano tutte connesse tra loro, prima di quel fenomeno conosciuto come “deriva dei continenti”. Tanto è vero che, nella mia ignoranza, non volendo credere che in Madagascar potessero esserci delle iguane, durante un’uscita in campagna, accompagnato da due ragazzi che fungevano da guide, trovai due sauri che sul momento classificai come appartenenti alla famiglia degli agamidi e che solo anni dopo scopersi appartenere agli iguanidi. Meglio tardi che mai.
Correva l’anno 2007 e quella era la terza volta che mi recavo sulla Grande Isola. Non ero solo, ma con Tina, che avevo conosciuto nel dicembre dell’anno prima. E’ sempre utile avere con sé un interprete, che funga da mediatore tra noi, indifesi turisti, e i famelici indigeni assetati di pecunia. I due ragazzi presero un piede di porco e si diressero verso la foresta di manghi, fuori dall’abitato di Betioky. Con il piede di porco, invece di fracassarmi la testa e rubarmi orologio e portafoglio, scalzarono alcune pietre piatte sotto le quali erano sicuri di trovare qualcosa che per me sarebbe stato molto interessante.
Si trattava di due sauri lunghi circa 20 centimetri, che avevano scelto di infilarsi sotto quelle pietre, scavando una via d’accesso, per trascorrere quei mesi che nelle latitudini tropicali corrispondono all’inverno. Ovviamente, non è un inverno dei nostri, quindi non si può parlare nemmeno di letargo, ma in ogni caso quei due rettili se ne stavano belli tranquilli in stato di riposo e qui, dicendo questo, offro il fianco agli animalisti che sono numerosi fra le mie amicizie di Facebook, e che sono sempre pronti a sparare giudizi a destra e a manca.
Nel dialetto locale, quelle tozze lucertole sono chiamate “Razamboa” e, non essendo commestibili, vengono lasciate in pace, a meno che non capitino nelle mani di bambini che trovano divertente ammazzare, non prima di averli tormentati, tutti gli animaletti su cui riescono a mettere le grinfie. Nel mio caso, le due iguane dal collare sono state liberate, subito dopo averle fotografate. Com’è facilmente intuibile, la coda irta di spine serve come mezzo di difesa. Se qualche predatore dovesse cercare di catturare un’iguana dal collare, essa cercherebbe scampo fra le fessure delle rocce o nei buchi degli alberi, e si servirebbe della coda per tenere alla larga i predatori. In casi estremi, troncherebbe la coda stessa, secondo quel fenomeno chiamato “autotomia” e che viene manifestato anche dalle nostre lucertole. I ragazzi sapevano come agguantare i “Razamboa” senza subire danni. Del resto, già da bambini sanno mangiare i fichi d’India evitando di prendersi le spine nelle dita. Ai nostri, le mamme gli danno la merendina incellofanata.
Nessun commento:
Posta un commento