Tratto da "2084 - L'apoteosi dell'arianità", pubblicato nel 1995
Sul
piano eminentemente pratico bisogna registrare l'insignificanza delle perdite
umane da parte dei bianchi mentre il nemico era stato semplicemente
disintegrato. L'umanità, com'è sua abitudine, seppe sopravvivere al trauma
atomico anche perché i telegiornali degli stati di razza bianca diedero notizie
completamente distorte circa l'andamento della guerra. E' ovvio che la libera
informazione fu liquidata fin dall'inizio del conflitto.
Ma
fin qui non ci sarebbe nulla di straordinario nel resoconto dei fatti, così
come furono vissuti da Binatti Marcello, se non fosse per un particolare,
per una intuizione geniale che venne a qualche oscuro funzionario di qualche
ministero della guerra. Che l'umanità dovesse alla fin fine prendere le armi
per motivi razziali, bianchi contro neri, come in un'immensa partita a scacchi
era fin troppo scontato. Fin troppe volte gli economisti e i sociologi avevano
preannunciato, già a partire dagli anni settanta, o anche prima, del ventisimo
secolo, il graduale acuirsi dei problemi economici del sud del mondo e il
probabile insorgere di conflitti armati tra nazioni ricche e paesi poveri. Alla
fine tutto ciò si verificò puntualmente. Ma ciò che nessuno aveva previsto
furono gli sviluppi sociali che si verificarono nel dopoguerra fra i popoli
vincitori.
Desta qualche meraviglia, almeno fra le anime meno smaliziate, che i
governi dei bianchi dovessero ricorrere alla menzogna sistematica e alla più
subdola forma di manipolazione dei cervelli che la tecnologia metteva a
disposizione, ma anche questo poteva essere previsto in
anticipo. Se si pensa alle difficoltà di carattere emotivo che i governi
dovettero superare fra le proprie stesse truppe, pur sempre imbevute di
ideologia cristiana, seppur blanda, si capisce che fu prioritaria premura della
coalizione dei bianchi quella di affinare e utilizzare le più sofisticate
tecniche di propaganda e di persuasione, più o meno occulta, allo scopo di
vincere le eventuali resistenze di ordine etico da parte della popolazione.
Addirittura fu riesumato il nazismo hitleriano che venne additato come
l'antesignano e il precursore della Nuova Cultura, come tentativo, purtroppo
fallito, di dare dignità alla razza bianca, palesemente superiore alle altre, e
di porla al suo giusto posto, che era ed è e sarà quello dominante.
Si
faceva un'eccezione per i giapponesi i quali, seppure strutturalmente di razza
gialla, si potevano considerare dei bianchi adottivi in quanto avevano
assimilato il pensiero culturale e la mentalità imprenditoriale dell'Occidente.
Come
il nazismo non solo si prefiggeva di sterminare le razze non ariane ma anche di
piegarle alla sua volontà e di sfruttarle per i propri fini, così la Nuova
Cultura, in auge nella prima metà del ventunesimo secolo, (e questa fu
l'intuizione di quell'oscuro funzionario) diffuse l'idea della liceità di ogni
tipo di utilizzo dei superstiti di colore sopravvissuti all'ecatombe nucleare.
Su tutto il mondo, ormai saldamente in mano alla cultura di quello che un tempo
si chiamava Occidente, ma che ora aveva tutta l'aria di diventare un unico
governo mondiale, aleggiava la tacita autorizzazione per chiunque di servirsi a
piacere dei pochi negri, negroidi, mulatti o indios rimasti incolumi qua e là e
portati schiavi nel nord.
Se
il nazismo era riuscito a produrre solo poche saponette con il grasso e qualche
paralume con la pelle degli ebrei, la Nuova Cultura ora autorizzava, anzi
auspicava, il pieno uso dei vinti per i più vari scopi. Fatta salva la necessità
di salvaguardare le razze di colore, e per questo obiettivo si erano
mobilitati gli scienzati della Confederazione, i singoli individui,
generalmente di proprietà di famiglie ricche, potevano essere impiegati in
qualsiasi maniera e financo uccisi, se necessario. Uno dei primi provvedimenti
presi dall'Ordine degli scienzati fu quello di depositare nelle banche del seme
lo sperma e gli ovuli dei vinti poiché, sebbene la guerra fosse finita da un
pezzo, l'odio verso la gente di colore era ancora vivo e quindi capitava che
ogni tanto qualcuno dei sopravvissuti venisse riconosciuto e linciato dalla
folla.
Per cui, affinché non si perdesse il patrimonio genetico della razza, il
governo della Confederazione stabilì di tenere a disposizione sperma e uova da
fecondare in caso di neccessità tramite riproduzione artificiale. In questo
modo si appagarono le richieste di conservazione delle razze, quasi un museo in
potenza, che provenivano dal mondo della scienza. Inoltre, in un secondo
momento, i governi vincitori avrebbero potuto anche sfruttare la cosa sotto l'aspetto
commerciale, quando l'odio verso la gente di colore sarebbe scemato. Frattanto,
le forme di sfruttamento ai danni dell'esiguo numero di sopravvissuti
ricalcarono quelle che un tempo venivano riservate agli animali domestici,
anzi, in alcuni casi, si sostituirono ad esse. Così si pensò di far riprodurre
in appositi centri e sotto la massima sorveglianza tutte le femmine di colore
che erano fisiologicamente in grado di farlo. In questo settore,
l'inseminazione artificiale fece miracoli. Di modo che, sottoponendo a
gestazione coatta e a ciclo continuo le femmine feconde, si arrivò nel giro di
pochi anni a un consolidamento numerico delle varie razze: negroide,
australoide, india, mongola e altre minori. Il successo fu strepitoso e ovunque
sorsero allevamenti di razze inferiori da adibirsi ai più svariati usi.
Inizialmente
il governo della Confederazione vide con favore la crescita di tale settore
economico ma in un secondo tempo i capi politici e militari (spesso i due
gruppi si identificavano) cominciarono a preoccuparsi perché non volevano che i
vinti aumentassero troppo di numero anche se, essendo in stato di totale
reclusione, non potevano nuocere in alcun modo. Ma, non si sa mai!
Del
resto, era ancora imperante la propaganda bellica e ben salda nelle loro menti
quella serie di informazioni sui neri e gli altri colorati inerenti la loro
notevole capacità riproduttiva. Quindi il governo sottopose a severo controllo
tutti gli allevamenti che sorsero di continuo tra la fine della guerra e gli
anni cinquanta.
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