mercoledì 10 ottobre 2018

Non è un'usanza solo islamica



La cessione di bimbe a vecchi ultrasessantenni può avvenire anche a partire dai cinque anni di età. Generalmente sono i genitori che trattano “l’affare” e in loro assenza, i fratelli, gli zii o altri parenti. Le causali di queste transazioni sono le più svariate: saldare debiti contratti in precedenza; risarcire uno stregone per riti propiziatori a favore della famiglia; ottenere un pagamento in capre, mucche, galline. Di norma i proventi che derivano da questa cessione, superano raramente i venti euro. A transazione ultimata, la bambina perde ogni diritto e diventa assoluta proprietà dell’uomo che l’ha comprata; deve soddisfare i suoi bisogni sessuali, svolgere ogni lavoro cui sia comandata e deve soprattutto dargli dei figli. Qualora non riesca a soddisfare queste condizioni, potrà essere ripudiata e la famiglia sarà costretta a restituire al vecchio marito la somma pattuita per la cessione della piccola vittima. Si tratta di accordi soggetti a rigorose regole tribali, nessuna delle quali si occupa di preservare anche i più elementari diritti della bambina: la sua salute fisica e mentale e la sua istruzione.



Richard Akonam è un missionario cristiano che da anni s’impegna a combattere questa disgustosa pratica, ma confessa di trovare un’aperta ostilità, proprio da parte dei familiari delle bimbe che lui vorrebbe proteggere. Ed è sempre lui a rivelare alcune storie allucinanti che le riguardano. Una di queste riguarda Dorothy, una bambina nigeriana che è stata venduta a un vecchio agricoltore della comunità tribale dei becheve quando aveva solo undici anni. I becheve popolano l’altipiano di Obudu, nello stato nigeriano del Cross River. “Lo stesso giorno in cui sono stata venduta – racconta la ragazza, oggi diciottenne – mio marito ha voluto subito fare sesso con me. Io non volevo, mi sono ribellata e sono riuscita a scappare, ma alcune donne del villaggio mi hanno inseguita e mi hanno riportata nella casa del mio sposo. Poi lui ha cominciato a spogliarsi e mentre le donne mi tenevano bloccata a terra con le gambe divaricate, sono stata stuprata”.

Oggi Dorothy è madre di cinque figli, ai quali deve accudire senza alcun aiuto, oltre al disbrigo delle faccende domestiche. Il marito è vecchio e malconcio, quindi deve anche badare a lui. Alcune bambine, soggette a questo disumano trattamento, muoiono in conseguenza dello stupro o del parto e in questo caso l’aberrante legge tribale impone alla famiglia di rimpiazzare la sposa deceduta, con la figlia secondogenita e qualora questa non sia disponibile, dovrà trovare il modo di risarcire il vecchio depravato dell’importo che era stato a suo tempo pagato. Questo diritto di proprietà degli anziani mariti sulle piccole spose è assoluto, tant’è che, alla sua morte, le stesse possono essere ereditate dagli aventi diritto.

Philomena, un’altra bambina della stessa etnia di Dorothy, è stata venduta quando aveva solo quattro anni. Oggi, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età, ha già due figli e il vecchio marito la percuote ogni giorno, ma lei ha rinunciato a fuggire. “Sono stata venduta – dice – non posso andare contro la nostra cultura”. Happyness – il cui nome suona quasi come uno scherno perché signfica “felicità” – aveva quattordici anni quando è stata acquistata da un vecchio possidente che ha trattato l’affare con la nonna. Anche lei subisce continui maltrattamenti e percosse. “Puoi lamentarti quanto vuoi – le dice il marito – tanto, anche se muori, non importa a nessuno, perché io ti ho comprata”.

La legge nigeriana prevede che nessuna donna possa essere costretta a sposarsi contro il proprio consenso e comunque, per farlo, dev’essere almeno diciottenne, ma benché il ministero dello sviluppo e delle pari opportunità abbia promesso di ridurre del 40 per cento i matrimoni con bambine entro il 2020, l’indegna pratica continua nell’indifferenza delle stesse istituzioni. Alcune bambine vengono addirittura comprate prima di nascere e se il compratore viene a mancare prima del parto, il diritto passerà alla sua famiglia, mentre se nasce un maschio, la somma pagata dovrà essere restituita.

Il possesso di bambine tra i Becheve è uno status simbol e tante più uno ne possiede, tanto più è ammirato dalla comunità cui appartiene. L’uomo che l’ha acquistata può disporne a piacere, anche rivenderla o barattarla con un’altra, tante volte quante gli aggrada. La povertà, l’ignoranza, la superstizione e l’osservanza di regole medievali, sono alla base della radicata convinzione che, se ci si oppone ai costumi tribali, si è colpiti da terribili maledizioni. Purtroppo queste convinzioni non sono un esclusivo retaggio nigeriano, ma si riscontrano, pur se con diverse sfaccettature, in quasi tutti i paesi africani e in non poche nazioni arabe e asiatiche.

Gli abitanti della Nigeria sfiorano i 200 milioni rendendola la più popolosa nazione africana. Ha immense risorse minerarie ed è il primo fornitore di petrolio del continente. Sembra impossibile che il governo non sia ancora riuscito a promuovere l’istruzione e la sensibilità verso regole di civile convivenza che ispirino rispetto verso i più basilari diritti umani. Qui non si tratta del terrorismo di Boko Haram o dell’eterno e sanguinoso conflitto islamico-cristiano; si tratta di pura barbarie verso bimbe e adolescenti indifese. Comportamenti che nel ventunesimo secolo sono del tutto inaccettabili.

[N.d.R. Grazie a Francesco Spizzirri, sempre attento ai problemi dell'Africa]

3 commenti:

  1. Gioite, è tutta cultura! Chissà come sarebbero felici le signorine sinistre:negroni già alla nascita.

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  2. Tutti in Italia! Articolo da far leggere a Boldrini, Bonino e alla gorillina!

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    1. La Boldrini lo sa perché ha lavorato per l'ONU, ma fa finta di non saperlo.

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