Fonte: La Botanica
Per centinaia di anni abbiamo ascoltato storie sull’esperienza della natura. Erano storie di pionieri ed esploratori. Uomini che sfidavano i ghiacci dell’Artide e che si calavano nelle foreste equatoriali. Storie di alpinisti che conquistavano le cime, di sognatori che cercavano il senso della vita lungo le creste impervie dell’Himalaya o sulle piste polverose del deserto del Gobi. Abbiamo ascoltato anche storie più quotidiane. Storie di guardaboschi e di contadini, del piccolo e immenso portento di immergerci dentro ai sentieri sui monti, di fare conversazione con le api, di conoscere palmo a palmo il bosco dietro casa. Anche queste storie più intime, però, erano storie di uomini. Raramente di donne. Questa è un’impressione solo mia? Sono io che non ho fatto le letture giuste? Mi sembra che, per secoli, l’esperienza della natura sia stata un’esperienza maschile. Che l’estasi della comunione col selvaggio sia stata soprattutto dai maschi mentre le donne erano altrove: in casa, in collegio, in città, a scrivere in generale molto meno e in particolare, di questo, quasi niente.
Ora, io non voglio farne una questione di rivalsa. Non ho nulla contro tutti quegli avventurosi narratori. Ho solo voglia di leggere di altro. Anzi, di altre. Ho voglia di leggere delle donne dentro il sole. Delle donne sui sentieri e sopra i monti. Delle donne con le mani nella terra, che fanno crescere i larici e le querce. Voglio leggere di loro, perché le vedo. Perché le vedo camminare intorno al mondo. Perché le vedo in un corpo a corpo col paesaggio, farsi entrare la primavera dentro al sangue. Vivere la natura come una preghiera, come un amore, come un destino, come un viaggio. Con il loro sguardo di donna infitto dentro allo sguardo del faggio. Consigliatemi, se ne conoscete, queste voci. Io consiglierò a voi quelle che ho scoperto. Perché in fondo è tutta questione di dove desideriamo stare. Dei racconti che raccontiamo, più che di quelli che ci sono raccontati.
Donne. Boschi. Api.
Già, è vero, siamo abituati alle classiche figure maschili a dar di piglio alle vanghe, aratri "seghe" eccetera. I vari Coriolano, Romolo, Abele il pastore, Caino agricoltore.... Ma le cose sembra stiano per cambiare, sempre più pulzelle si danno alla campagna, non avendo più nulla o quasi da temere, anche in contrade fuori mano, da villici maschi rinfinocchiti dai Sanremo e dalle poste per te. L'agricoltrice, la mondina, la pastorella, specie se giovani e procaci, ben si integrano nelle cornici georgiche o bucoliche, suscitando nel viandante vecchio stampo, un misto di sentimenti. Alcuni sacri. Altri profani. Come si fa ragazzi, a nascondercelo, come si fa?
RispondiEliminaUn mio caro amico, prematuramente scomparso, era solito percorrere delle tratte del cammino di Santiago. Dopo un giorno o due gli stracchi pellegrini ciabattavano svogliatanente meditando il ritiro. Tosto però si rianimavano quando una ragazzotta dalle forme opime e dai glutei importanti si parava davanti a loro, superandoli. Recuperavano tutti le forze, forse sperando in uno sguardo, una parola, condividere lo stesso ostello, e poi, chissà?
Il paradiso può attendere. Tranquillamente...
Citazione: "un misto di sentimenti. Alcuni sacri. Altri profani"
EliminaSe non altro, le pastorale, le contadinelle, ecc. sono state di ispirazione per un esercito di pittori "en plein air".
Citazione: "Tosto però si rianimavano"
Tutti conoscono il detto, di stampo goliardico: "Tira più un pelo di............che una pariglia di buoi".
Citazione: "condividere lo stesso ostello, e poi, chissà?"
Anche qui devo far ricorso a un mezzo proverbio. Posto che chi fa il cammino di Santiago deve essere mosso da una profonda fede cattolica, il proverbio recita: "Le giovani figlie di Maria, sono le prime a darla via!".
Quella delle figlie di Maria non la conoscevo. Notevole, veritiera....
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