venerdì 10 gennaio 2014

Un microchip al posto delle cavie?

 
Fonte: Repubblica

Testare sostanze chimiche, anche potenzialmente tossiche, senza utilizzare cavie animali. Studiare la reazione di tessuti, a partire da cellule prelevate da pazienti e coltivate in vitro, con un nuovo microchip in grado di dare il maggior numero di risultati, in modo automatizzato e a costi contenuti. La microfluidica digitale, insomma. Una tecnica di ricerca complessa, sviluppata prima a Los Angeles e poi a Boston, inesplorata finora in Italia. Fino a che qualcuno, attrezzatosi per la rivoluzione, l´ha importata al Politecnico e l´ha fatta diventare uno strumento di ricerca.

 
Il campo è quello delle biotecnologie e la scommessa è di Marco Rasponi, 31 anni, milanese, oggi ricercatore assegnista al Politecnico dopo una fitta trafila universitaria: laurea in Ingegneria Biomedica «per la curiosità nelle cose, capire come funzionano», dottorato alla scuola Interpolitecnica tra Basilea, Pittsburgh e, soprattutto, Boston, al Massachusetts institute of Technology (MIT), considerata la più prestigiosa università tecnica del mondo. Un paio di mesi, già nel 2005, poi nel 2007, grazie a una borsa di studio della fondazione Rocca (circa 60mila dollari), un anno e mezzo nei laboratori d´avanguardia del Mit a imparare il più possibile nel gruppo di Todd Thorsen, professore di Ingegneria Meccanica a Cambridge, in Massachusetts. «E cercare di rivoluzionare il modo di fare ricerca nell´ambito dell´ingegneria dei tessuti», scommette Marco. Che, al rientro definitivo al Politecnico, l´estate scorsa, in coppia con il collega Matteo Moretti, non ha ceduto alla tentazione di abbandonare il mondo accademico - incertezza del futuro, tagli nella ricerca, esperimenti che non danno i risultati sperati - come molti suoi colleghi hanno fatto per rifugiarsi nel settore privato. Ci ha creduto fino in fondo e tanti anni in giro per il mondo a fare ricerca, alla fine, l´hanno ripagato. Con il suo progetto di ricerca s´è aggiudicato, infatti, il bando della Fondazione Cariplo «Ricerca scientifica e tecnologica sui materiali avanzati». Tanta gloria ma, più funzionale, una dote di 150mila euro di cui disporre per i propri esperimenti, oltre al co-finanziamento di Politecnico e Istituto ortopedico Galeazzi (stessa cifra ma fornita in laboratori e strumenti).

Da due mesi il progetto ha preso il volo: due anni, fino all´aprile del 2011, di progettazione nel laboratorio di Micro e Biofluidodinamica sperimentale del dipartimento di Bioingegneria del Politecnico e di esperimenti biologici al Galeazzi, dove lavora il suo compagno in quest´avventura Matteo Moretti, per mettere a punto un microchip che permetta di fare molteplici analisi in parallelo, in un´unica piattaforma grande quanto una moneta. «Per ora siamo alla fase di indagine - spiega Marco sul futuro impiego del microchip - nasce come ricerca di base ma il suo sbocco naturale è quello farmaceutico». Un Lab-on-chip, un intero laboratorio integrato in un singolo dispositivo realizzato con materiale biocompatibile, che verrà progettato in Italia ma realizzato in stampi nei laboratori di microfabbricazione del Mit, protetti negli ambienti asettici delle «camere bianche».

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