La migrazione di africani dalle
zone subsahariane verso la Libia è un esempio di selezione naturale
del più forte, di darwiniana memoria. Solo i più forti arrivano in
Italia. I più deboli soccombono durante il viaggio e vengono
seppelliti in fosse comuni da quegli stessi operatori incaricati di
trasportarli verso la Libia. Muoiono per debolezza e sfinimento o per
malattie, ma possono anche incappare in aguzzini che approfittano di
loro in vario modo, subendo anche torture fisiche e mentali. Già
essere stipati in piccoli spazi, senza privacy né comodità alcuna,
è una forma di tortura, secondo i canoni occidentali.
E poi, se
qualcosa va storto durante la traversata in mare, si finisce in pasto
ai pesci. C’è qualcosa di epico in queste migrazioni e noi non
possiamo non rimanere ammirati da tanta determinazione. Peccato che
tale operazione vada a nostro discapito e più ne arriveranno, di
africani, più disagi ci saranno per tutti, autoctoni e alloctoni.
Nessuno di noi desidera che queste povere creature muoiano per
strada, nel deserto affocato o nel freddo mare, ma anche noi indigeni
abbiamo il diritto di vivere nella nostra terra, che abbiamo
ereditato dai nostri padri. Chi non vuole capire questo, dei politici italiani, è uno scellerato traditore.
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