Nascita di una farfalla

Se Google non avesse avuto una App con cui, semplicemente fotografando un animale o una pianta, si può conoscere il nome della loro specie, io non avrei mai saputo che la farfalla notturna uscita dalla crisalide marrone, che precedentemente era un bruco verde, si chiamava Phlogophora meticulosa. Diciamo che i creatori di Google, e delle sue applicazioni, sono webmaster molto meticolosi. Non mi cambia eccessivamente la vita sapere che quella particolare farfalla si chiama in quel modo, ma posso sempre fare bella figura con gli eventuali astanti nel momento in cui, putacaso, in una serata d’estate con gli amici, durante un drink all’aperto, una di esse dovesse cadere dentro qualche boccale di birra, o venire carbonizzata da qualche fonte di calore, come sono solite fare le farfalle notturne. M’immagino me, farmi avanti nella calca, attraversare le folle assiepate per vedere l’infausto evento della farfalla con le ali bruciate, mentre con fare solenne annuncio pubblicamente che trattasi di una rarissima Phlogophora meticulosa (direi rarissima, mentendo, per aumentare il pathos dell’evento). Di sicuro, farei colpo su qualche ragazza, di quelle bruttine, con gli occhiali da maestrina, magari un po’ brufolosa, ma con tanto amore per la natura e gli animali, nonché ammirazione per i naturalisti che conoscono il nome delle farfalle, persino di quelle rare e tendenzialmente insignificanti. Tutto questo aumenterebbe la mia autostima, per non dire la mia vanità, ma nella vita reale non accadrebbe mai. Primo, perché non ho amici con cui passare il tempo bevendo drink all’aperto, d’estate. E secondo, perché dentro i boccali di birra, o fulminate dalle fiamme libere o altre fonti di calore, non sono mai le farfalle che si conoscono, ma quelle sconosciute. E’ una delle leggi di Murphy. Succede perché, come direbbe Mauro Corona, le farfalle sono bastarde. Sono, fra i lepidotteri, quello che il pino mugo è per le conifere.