C’è una strada nel bosco che congiunge Flambruzzo ad Ariis, passando sotto cedri secolari che un tempo facevano parte dei terreni di proprietà della famiglia Ottelio, di cui l’omonima villa è il fiore all’occhiello di Ariis, rendendola perciò meta turistica per italiani e stranieri, a differenza del vicino Flambruzzo che di turistico ha solo due ristoranti, sulla riva del fiume, molto frequentati, soprattutto d’estate. Anche Ariis ha il suo bel ristorante caratteristico chiamato pomposamente “Principato di Ariis”. Ma non è di ristoranti che voglio parlare, bensì del comportamento possessivo, a mio giudizio, del proprietario di un piccolo appezzamento adibito a bosco, ovvero destinato alla produzione di legna da ardere per uso familiare. Già l’anno scorso avevo spostato un telo di nylon piegato in quattro, che faceva bella mostra di sé ai margini della strada di campagna di cui sopra e io l’avevo spostato perché non era bello da vedere. Siccome quella capezzagna è percorsa, in un senso e nell’altro, sia da pedoni che da ciclisti, di quelli amanti della mountain-bike, mi dava fastidio vedere un telo piegato sul bordo della stradina, e l’avevo spostato, mettendolo sotto un cespuglio all’interno del boschetto, per la stessa ragione per cui spesso raccolgo barattoli e bottiglie di plastica e vetro e le porto a casa per riciclarle. E’ una questione di estetica. Estetica che è diversa da quella posseduta dal proprietario del terreno, o che gli manca del tutto, tanto è vero che pochi giorni dopo aveva rimesso al “suo” posto quel telo di nylon. Perché lo aveva fatto? Forse per ribadire che quel terreno era suo, cioè per una forma morbosa di possesso. Il nylon era rimasto lì, esposto alla vista, per tutto l’inverno e anche per quest’ultima estate, finché l’altro ieri l’ho rimosso nuovamente, esattamente come un anno fa, mettendolo ancora una volta sotto un cespuglio dove non offende la vista dei passanti. Se il proprietario del terreno dovesse rimetterlo di nuovo al “suo” posto, lo faccio sparire del tutto, glielo porto via, perché essere proprietario della terra non lo autorizza a sporcarla, anche solo esteticamente.
Tutta questa premessa per dire che, sollevando il telo, ho trovato una bella larva di maggiolino (Melolontha melolontha) grassa, inerme, bianchiccia, a forma di virgola. Non ho potuto lasciarla lì, a rischio d’essere predata dal primo insettivoro di passaggio, perché le avevo manomesso la tana, e l’ho portata in laboratorio per fotografarla. Se possiamo vedere fin nei minimi particolari com’è fatta, è grazie all’elaborazione eseguita sulle foto originali da Francesco Spizzirri, che stavolta me ne ha rispedite quattro, lasciando a me la scelta di quale utilizzare. In quelle poche ore in cui la larva che, a giudicare dalle dimensioni, è pronta, la prossima primavera, a trasformarsi in insetto adulto, è rimasta in un piccolo terrario con fondo sabbioso, ho potuto vedere che tendeva a sottrarsi alla luce, cioè cercava di scavarsi una tana sotto la superficie. Quando ho smesso di fotografarla, soggetto alquanto facile perché non si muoveva, l’ho coperta con del muschio, ma non era sufficiente.
In un secondo tempo, ho notato che si era spostata, avendo infilato la testa sotto un sasso. Così ho deciso che l’avrei liberata seduta stante, non volendo prendermi la responsabilità che morisse, data la sua delicatezza. I contadini la considerano molto dannosa, perché è una grande divoratrice di radici, ma gli adulti, anch’essi erbivori, essendo poco numerosi, non sono altrettanto nocivi come le loro larve. Con una paletta da giardiniere ho scavato una buchetta nel terreno dietro casa, dove al momento non ho ortaggi, e l’ho avviata al suo destino. Spero che si riprenda e che superi indenne il freddo inverno che si sta avvicinando. Di insetti adulti (ricordiamo che il maggiolino è un coleottero) non ne ho mai visti da vicino, ma penso che prima o poi succederà.
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