Fonte: Il Gazzettino
Le hanno spogliate,
legate mani e piedi, hanno bruciato la loro pelle e le hanno
picchiate: quella che arriva dalla Papua Nuova Guinea è solo
l'ultima notizia, in ordine temporale, che riguarda le pratiche di
tortura applicate su donne accusate di stregoneria. Questa
volta le vittime sono quattro, tutte accusate di aver
“invisibilmente” estratto il cuore di un uomo nella provincia di
Enga: dopo poco, secondo il racconto di alcune persone di un piccolo
villaggio, la vittima di questa pratica si sarebbe ammalata e si
sarebbe ripresa solo quando le “streghe” sono state arrestate e
l'incantesimo è stato sciolto.
In un video choc
pubblicato on line le donne vengono minacciate con un machete e
vengono interrogate dai loro aggressori. «Figlio mio, smettila! -
implora una donna – Non ho nulla a che fare con tutto questo. Sono
una madre con cinque figli». Secondo il Guardian, almeno una delle
quattro vittime sarebbe morta in seguito alle torture. La
tortura e l'omicidio legati alla stregoneria sono da molti anni un
problema per l'isola: queste credenze sono forti nel Paese, in
particolare nelle Highlands, anche se è stato osservato che con
l'aumento dei matrimoni misti e le migrazioni, le credenze si stanno
diffondendo in aree dove prima non avevano attecchito.
Senza contare
l'ultimo fenomeno dilagante: nell'ultimo periodo, infatti, si sta
facendo avanti la pratica di filmare e pubblicare on line le
violenze. «Sono persone che partecipano ai massacri,
riprendono le scene e poi si vantano di ciò che hanno fatto. Molti
sono studenti che fanno girare queste immagini sui loro smartphone:
non sono scandalizzati, anzi, approvano questi massacri giustificando
le ragioni di chi li mette in atto. Quando provi a farli ragionare
chiedendo loro delle prove, ti risponderanno che sono invisibili: non
c'è alcuna logica – ha raccontato al Guardian Australia un uomo
impegnato nei salvataggi delle vittime – Per le vittime non c'è
mai il modo di dimostrare di essere innocenti, una volta che si
finisce per essere sospettati si verrà torturati e, in molti casi,
anche uccisi».
L'ultimo incidente è
solo uno dei numerosi atti di violenza legati alle accuse di
stregoneria e la rabbia aumenta ogni giorno di più nel Paese per i
numerosi aggressori che restano impuniti. A maggio una donna
di nome Mifila venne sottratta dalla polizia, insieme ad altre tre
donne, ai "cacciatori di streghe" che volevano ucciderla:
questo, però, non bastò a salvarla dalla follia omicida, visto che
poco tempo dopo fu trovata assassinata. «Era stata accusata di magia
nera e dunque gli abitanti del villaggio erano convinti che qualunque
morte dipendesse da lei - ha detto Epenes Nili, vice comandante della
polizia della provincia di Enga - Questa menzogna è bastata per
assassinarla».
Nonostante la buona volontà di alcuni funzionari come Nili, finora non ci sono stati arresti o
condanne per quell'omicidio. «È molto difficile per la
polizia agire quando tutta la comunità è coinvolta, e non c'è
nessun testimone. Nella nostra cultura melanesiana molte persone,
anche molto istruite, credono nella stregoneria – ha detto l'uomo
politico Samuel Basil – È molto difficile, oggi, combattere questa
mentalità, ma ho intenzione di portare alcune proposte in Parlamento
affinché ci siano leggi più severe. Inoltre bisogna aumentare la
polizia per far rispettare le leggi ed educare le persone».
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