Fonte: Vox News
Ad una rete ungherese,
una giornalista ucraina, Aida Bolevar, racconta la sua esperienza
alla stazione di Budapest, prendendo un treno per Vienna. La
giornalista conosce l’arabo: “masse di maschi d’aspetto arabo,
sporchi, non volevano lasciarmi passare dall’entrata. Mi
insultavano in arabo e cercavano di portarmi via il bagaglio”. La
ragazza si è difesa poi allontanandosi. Ha avuto il tempo di vedere
che nella stazione, incredibilmente sporca, “gli immigrati
defecavano là dove si trovavano. Le donne si facevano picchiare dai
loro figli maschi…I bambini urlavano. C’erano maschi che
afferravano un bambino non loro e, sollevandolo, si guadagnavano un
passaggio nella calca per salire in treno, usandolo come scudo umano.
Avevano tutti lasciato montagne di spazzatura. Nessuno parlava una
parola di una lingua europea”. Erano al 90 per cento, secondo lei,
maschi dai 19 ai 45 anni, in età militare. Lei li ascoltava:
“urlavano oscenità ai passeggeri” occidentali, “parlavano tra
loro di come portare loro via i bagagli”. Nello scompartimento,
insieme ai pochi passeggeri europei, quando il treno si avvia, Aida
può sentire quel che i profughi si dicono fra loro, ormai tranquilli
perché sono riusciti a salire.
“Conversavano tra
loro chiedendosi se dovessero rapinarci, visto che questo sarebbe
stato lieto ad Allah, essendo un danno agli infedeli. Guardando me,
si dicevano che meritavo di essere violentata, perché non indossavo
il hijab, che ero una puttana”. Aida sottolinea la capacità di
dissimulazione di questi cosiddetti profughi: “Ti sorridono, e allo
stesso tempo, nella loro lingua, proferiscono contro di te orrendi
insulti”, sapendo che non capisci. Ma lei capiva. Durante il
viaggio, hanno ricevuto del cibo: “Hanno buttato mele, pane e
biscotti sui binari, li hanno calpestati. Volevano denaro, denaro.
Alcuni afferravano dei passeggeri e cercavano di sottrar loro gli
oggetti di valore; prendevano le loro valige, non li lasciavano
passare, li spingevano e insultavano”.
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