LA
NUOVA FISICA RIVELA: la vita dopo la morte è "inevitabile" per
conseguenza logica e statistica. Quella
che segue non è proprio una lettura semplice ed immediata, lo ammetto, magari
dovrete ritornare su certi concetti, rileggerli più volte per
"digerirli", ma vi assicuro che è un efficace compendio delle nuove
acquisizioni a cui ci sta conducendo la cosiddetta "nuova fisica",
figlia di una scienza senza condizionamenti o paraocchi ideologici, nè stupidi
e sorpassati pregiudizi materialistici, ormai stantio retaggio ottocentesco. Essa
ci conduce ad implicazioni davvero fondamentali per la nostra esistenza ed il
nostro modo di guardare alla vita, e che in futuro certamente modificheranno
radicalmente culture, costumi, mentalità e modi di vivere. Pertanto vi
consiglio di leggere con cura questa "gemma" che contiene la sintesi
scientifica fatta dal fisico teorico Frederik Van Der Veken che io
ho semplicemente tradotto dall'inglese.
Nel
corso degli ultimi 100 anni abbiamo assistito a grandi cambiamenti nei
paradigmi scientifici, e grandi e numerose scoperte hanno scosso le fondamenta
del nostro modo di vedere la realtà al punto che, alcune di esse, possono
sembrarci addirittura fantascientifiche: noi sappiamo oggi che la materia è
costituita per il 99% da spazio vuoto e che le particelle quantistiche sono
punti zero-dimensionali. E’ verificabile sperimentalmente che il viaggio nel
futuro è possibile viaggiando ad altissime velocità ed esistono particelle
quantistiche in grado di teletrasportarsi attraverso muri impenetrabili e di
essere in due posti contemporaneamente e, inoltre, di cambiare il proprio
comportamento in presenza di un osservatore cosciente. La meccanica quantistica
è molto di più di un insieme di teorie ed interpretazioni, essa ci fornisce l’innegabile
prova che tutto ciò che conosciamo, le opere e l’esperienza, si strutturano in
modi che possiamo definire “surreali”, e non è l’unico campo della scienza che
ci fa riflettere a fondo circa il vero senso e la vera natura della realtà.
Anche le neuroscienze, che studiano il nostro sistema nervoso, ci
inducono a riflessioni profonde sul mistero più grande e tuttora
irrisolto della scienza: la coscienza. Il concetto di coscienza proposto
nel corso del 2012 è che essa sia il risultato delle scariche elettriche che si
verificano nel sistema nervoso e lo fanno funzionare; quando questa attività
diventa irregolare o insolita a causa, per esempio, di lesioni cerebrali,
sperimentiamo le cose in maniera diversa dal solito.
Ad esempio, esiste una
malattia rara che può verificarsi come conseguenza di emicrania e diabete e che
si chiama “sindrome di Capgras” (detta anche sindrome del sosia); detta
malattia fa sì che chi ne è colpito si convinca profondamente che tutti i
propri cari, familiari ed amici, siano degli impostori, dei sosia che fingono
di essere suoi familiari. Per il resto essi si comportano in modo del tutto
normale, ma anche di fronte a ragionamenti logici e ferrei che vengono ad essi
fatti per dimostrargli che i loro parenti non sono affatto degli impostori,
essi continuano ad articolare altrettanti complessi ragionamenti per spiegare
in che modo quegli “impostori” si siano sostituiti ai propri familiari. Anche
altri disturbi possono, per esempio, causare nei pazienti la perdita della
capacità di descrivere o percepire la metà destra del volto delle persone, ma
essi non saranno mai consapevoli di questa loro condizione e non accetteranno
mai il fatto di soffrire effettivamente di questa malattia.
Noi siamo convinti
che le nostre capacità matematiche e razionali ci permettano di fare
distinzioni oggettive, e che il nostro intelletto sia il “motore” delle nostre
incredibili conquiste scientifiche e del nostro progresso tecnologico: ciò è
certamente vero, ma le stesse capacità intellettuali che possediamo in vario
grado, possono portarci anche a convincerci della realtà di pure illusioni e a
restare bloccati in esse (la profezia Maya vi ricorda forse qualcosa a livello
planetario? ndr). Come accade ai malati della sindrome di Capgras. In poche
parole possiamo dire che sono i modelli alla base della nostra coscienza a
definire la nostra percezione dell’intera realtà. Sembra, inoltre, che la
nostra coscienza funzioni più come un orologio digitale che come uno analogico:
invece di un flusso costante di esperienza, le nostre esperienze possono essere
suddivise in intervalli di “quanti” di tempo equivalenti a 0,042 secondi,
ciascuno dei quali corrisponde a un momento di coscienza. Questo si chiama “quantizzazione”
e significa che qualcosa può essere suddiviso fino a giungere ai più piccoli
blocchi che compongono un “edificio”. Ogni stato di coscienza consiste di un
certo numero di informazioni che potrebbero, teoricamente, essere registrate in
un “disco rigido”, che non è ancora alla portata delle odierne conoscenze;
nonostante ciò, si sta assistendo nei laboratori di tutto il mondo ad enormi
progressi nel campo della ricerca che ha lo scopo di creare un simulatore del
cervello umano il più perfetto possibile.
Ad
oggi non sono state ancora assorbite completamente dall’opinione pubblica
alcune delle più grandi e sconvolgenti scoperte della ricerca scientifica del
secolo scorso, e quello che la scienza ha scoperto nel campo della conoscenza
della coscienza umana negli ultimi decenni sta appena iniziando a farsi
strada faticosamente tra le tante informazioni senza importanza che ogni giorno
ci bombardano. Ciò che la scienza sta scoprendo sulla coscienza umana cambierà
di sicuro in futuro il nostro modo di guardare la vita….Nel 2007 il pioniere
della ricerca sulle cellule staminali Robert Lanza, ha elaborato una teoria che
postula che il tempo, lo spazio ed anche la nostra intera realtà, non sono
affatto ciò che noi da sempre crediamo che siano seguendo la semplice evidenza
che i nostri sensi ci rimandano ogni giorno. Sebbene ancora incompleta, questa
teoria è stata accettata come promettente e foriera di futuri rivoluzionari
sviluppi da molti fisici premi Nobel e dagli astrofisici della NASA.
Questa
teoria, detta del “biocentrismo”, descrive la realtà come un processo che
coinvolge profondamente la nostra coscienza e spiega che, senza l’intervento,
appunto, della nostra coscienza, tutta la materia si trova in uno stato
indeterminato di probabilità, il tempo non ha esistenza reale e lo spazio è
solo un concetto che usiamo per dare un senso alle cose. Se guardiamo alla
meccanica quantistica e alle neuroscienze per riempire i vuoti di questa
teoria, tutto ciò che ci rimane altro non sono che stati quantizzati di
coscienza; la realtà, come la conosciamo non esiste, e se avesse un qualsiasi
tipo di esistenza che si potesse “visualizzare”, essa si presenterebbe ai
nostri ipotetici occhi come un mare infinito di informazioni statiche nelle
quali tutte le probabilità esistono contemporaneamente. Immaginare tutte queste
probabilità in uno spazio zero-dimensionale e senza tempo non è facile per noi
e la nostra mente che è, per l’appunto, spazio-temporale, e forse mai
riusciremo a capire cos’è la realtà in realtà (scusate il gioco di parole).
Ogni più piccola parte di informazione esiste, compresi i “blocchi” di
informazioni che descrivono perfettamente i momenti di coscienza che noi
sperimentiamo da un momento all’altro. Nella meccanica quantistica è stata
elaborata la teoria dell’universo olografico nella quale l’intero universo può
essere visto come una struttura bidimensionale contenente tutte le informazioni
che ci sembra di percepire in maniera tridimensionale.
In un nuovo modello
tutta l’esistenza è codificata nei momenti quantizzati di coscienza che
contengono tutte le nostre esperienze. Ogni momento di coscienza è una realtà
in sé, e abbiamo esperienza del tempo come ovvia e semplice, ma ogni momento di
coscienza contiene un diverso insieme di memorie ed esperienza,
indipendentemente dalla nostra sensazione di “linea temporale”. Domani potrebbe
accadere prima di ieri….dai nostri ricordi dipendono le informazioni codificate
in ogni istante di coscienza ed essi possono dirci solo qualcosa circa la realtà
che viviamo in questo momento; ogni percezione del tempo come una “continuità” è,
in realtà, un’illusione. Per questo l’astrofisico della NASA David Thompson ha
definito la teoria di Lanza una “sveglia” data all’umanità che soggiace
dormiente all’illusione della realtà come connaturata dallo spazio e dal tempo.
Quando guardiamo al Big Bang o quando osserviamo le particelle quantistiche
saltare avanti e indietro nel tempo, abbiamo l’arroganza di presumere che il
tempo si muova solo in avanti ed in linea retta, e quella di considerare queste
anomalie temporali come insolite e intuitive.
In realtà non vi è alcuna
indicazione del fatto che la nostra percezione e la memoria definiscano la
direzione del tempo. Tutto ciò sembra suggerire che la nostra realtà sia sempre
sul punto di disintegrarsi completamente o che, almeno, essa sia altamente
incoerente e casuale in qualsiasi momento. Ma il motivo per cui noi
sperimentiamo un mondo rigido, con leggi naturali profondamente strutturate è
perché modelli coerenti evolvono secondo principi matematici. Dal momento che
ogni modello possibile può esistere all’interno di un infinito, l’unico
collegamento tra due momenti indipendenti quantizzati di coscienza è l’informazione
nuova che si sovrappone ad essi. Le leggi secondo le quali noi realizziamo la
nostra realtà sono semplicemente quelle più probabili a realizzarsi fra le
infinite altre. Del resto modelli strutturati e coerenti si possono trovare
anche nel caos, essi sono necessari all’esistenza della coscienza e la realtà
che viviamo si evolve lungo i rami più probabili del proprio modello specifico.
Se i disturbi neurali come la sindrome di Capgras ci hanno insegnato qualcosa è
che abbiamo una capacità incredibile di razionalizzare le stranezze nella
nostra realtà. C’è una evidenza, però, che diventa difficile confutare: che il
modello di momenti quantizzati di esperienza è intrinsecamente infinito e,
statisticamente, dunque, una vita dopo la morte è semplicemente inevitabile.
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