Testo
di Luca Campolongo
Il
governo non eletto di Matteo Renzi da Firenze regala sempre sorprese ai
cittadini dell’italico stivale, soprattutto per quello che riguarda la certezza
del diritto. Già, perché questo paese che, giustamente, è considerato la patria
del diritto grazie agli antichi romani, oggi è la patria della massima
incertezza. L’ultima “perla” al riguardo, è il passaggio della tassazione sulle
rendite finanziarie dal 20 al 26% che partirà col primo di luglio. Infatti, per
chi non opterà per il cosiddetto “affrancamento” entro il 30 settembre
prossimo, la tassazione avrà effetto retroattivo. Che cos’è il cosiddetto “affrancamento”?
Si tratta di una vendita fittizia dei titoli di proprietà dei clienti da parte
delle società di gestione del risparmio, attraverso la quale i clienti dovranno
pagare la tassa del 20% sugli interessi maturati fino alla data del 30 giugno,
e successivamente il 26%. Per chi non opterà per l’affrancamento, la tassazione
al 26% avrà effetto retroattivo.
Capito,
cari risparmiatori? Lo stato, questo stato, si permette di fare carta straccia
del patto siglato con i cittadini e di applicare retroattivamente leggi a suo
piacimento. La base del diritto è stata completamente calpestata, in quanto
essa è rappresentata proprio dalla NON retroattività delle leggi. D’altra
parte cosa ci si può aspettare da uno stato che ha eliminato un governo
legittimamente eletto per sostituirlo con uno “nominato” dai poteri forti della UE e gradito ad una potenza straniera come la Germania?
Piccola
altra chicca, che dimostra il totale spregio per i risparmiatori: se da un lato
chi non opta per l’affrancamento si becca una bella tassazione retroattiva al
26%, dall’altro chi dovesse sfruttarlo, potrebbe pagare il 20% su guadagni
inesistenti.
Ci
spieghiamo con un esempio: ipotizziamo che il signor Rossi abbia un comunissimo
fondo comune d’investimento vendutogli dalla banca 5 anni fa a 100 e che oggi
vale 120. Se optasse per l’affrancamento dovrebbe pagare subito 4 (il 20% di
20). Tuttavia, come sanno bene i piccoli risparmiatori che da sempre vengono “tosati”
dei loro investimenti a causa dei ribassi di borsa, se i mercati dovessero
tornare in terreno negativo, il signor Rossi, al momento della VERA liquidazione
del suo fondo, potrebbe trovarsi con un valore di 80. Di base non sarebbe
tenuto a pagare alcuna tassa, in quanto sulle liquidazioni di contratti in
perdita non è applicata alcuna ritenuta. Ergo: il signor Rossi potrebbe versare
tasse non dovute allo stato e che MAI rivedrà indietro.
Capito
che giochino hanno messo in piedi Renzi, Padoan e compagnia cantando? Tu,
piccolo risparmiatore, devi comunque pagare, perché sei un maledetto ricco
possidente. Mentre i grandi gruppi finanziari, non pagheranno nulla.
Non
ci credete? Ecco qualche esenzione dalla tassazione al 26%:
-
Interessi corrisposti a veicoli non residenti per l’emissione di obbligazioni
sui mercati internazionali (sono le famose società offshore create dalle banche
per produrre titoli derivati)
-
Gli interessi corrisposti all’interno dei gruppi societari a società residenti
nella UE.
In
parole semplici: pagano i piccoli, che tra imposte di bollo e tassazione al 26%
potrebbero vedersi una tassazione reale sui propri guadagni superiore al 34%,
mentre i colossi della finanza che hanno devastato il mondo con i loro titoli
tossici, ne sono esentati.
Un
sentito ringraziamento al premier non eletto Matteo Renzi da Firenze per l’ennesimo
regalo fatto ai potentati economici a danno dei cittadini italiani e per aver
calpestato una volta di più il diritto.
Che
dire? Se un’azienda si permettesse di cambiare in corso di validità le
condizioni di contratto, verrebbe portata in tribunale e condannata; se lo
stesso comportamento lo tiene l’ex sindaco di Firenze ed i suoi ministri, nessun
mezzo d’informazione di regime ha nulla da ridire.
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