Fonte: Il Blog di Alceste
Parlerò chiaro, anzi
piatto. Nel parlare a volte si dissimula involontariamente; nello
scrivere ancor di più. E - a volte - si legge ciò che uno scrive
con una certa fretta. Con la fretta che impongono le proprie
convinzioni. E si viene equivocati. Non del tutto, ma di quel filo
che fa sostanza. Posso dire, in primis, che ogni mia parola, la più
sciocca o la più pomposa, quella goffamente ricercata e quella
quotidiana, persino le male parole e gli insulti atrabiliari, sono
intrisi di un'angoscia senza redenzione. Rivendico tale disperata
sincerità; e spero che me la riconosciate tutti. E poi,
come diceva Totò, in secundis: siete morti e non lo sapete. Tutti.
Ciò che affermo a favore della tradizione e del sangue e dell'Italia
e della bellezza non lo dico solo a esclusivo beneficio dell'Italia.
Ma a beneficio di islamici, calmucchi, indios, negri, ebrei e
citrulli nordici. Ho passato una vita a scrivere dei "vanishing
peoples": Aztechi, Patagonici. Amazzonici. E ora sarei diventato
razzista?
Quando Pasolini si
commuoveva di fronte agli idoletti africani lo faceva perché gli
ricordavano Enea: sicuramente Enea, nel suo approdo al Tirreno, si
portava appresso bambole agresti come queste, pensava. E piangeva
perché sapeva, con tutte le sue contraddizioni, che un mondo finiva:
quello che ricomprendeva Africani, Troiani e Italiani. Piangeva per
tutti e tre poiché aveva intuito l'inumano. Egli, insomma,
venerava il sangue e la cultura di ogni popolo. E se io venero
Piero della Francesca o Cavalcanti o certi affreschi sperduti nelle
profondità della Tuscia venero, allo stesso tempo, gli Alacaluf
della Patagonia, il popolo siriano, i senegalesi, gli argentini, gli
eschimesi e i siberiani. E li venero poiché intuisco che su
tutti grava la cappa del nichilismo prossimo venturo. Tutti
questi popoli spariranno, anche fisicamente, e spariremo pure noi,
spariranno millenni di cultura e tradizione per far posto a nulla. A
nulla. Cosa diavolo ci fa un un africano cencioso nella
provincia profonda italiana?
Semplice: distrugge se stesso,
l'Africa e l'Italia. Gli Africani vanno a cacare nel teatro di
Ferento, che per loro è un ammasso di pietre insensate; poi, fuori
della loro Patria, si dimenticano di essere se stessi. In un sol
colpo annullano Africa e Italia. Il risultato della loro
migrazione forzata non è l'integrazione, che non ci sarà mai, ma la
riduzione di milioni a poltiglia manipolabile: fra venti o trent'anni
tale poltiglia proletaria, né italiana né africana né umana sarà
il mattone fondante del nuovo esercito di zombie. Nessuno
ricorderà più niente del passato poiché nulla del passato gli è
stato insegnato. Non spererà nulla del futuro perché il futuro
non esisterà. Ci sarà il presente bastardo, un po' di
elemosina, amoralità eccitante e inservibile e una guerriglia a
bassa tensione fra minutaglie idiotizzate. Questo il mirabile
nuovo mondo. E lo stanno preparando con cura. Ma c'è
ancora chi parla di razza. Di fascismo. Di campi antimperialisti. Di
federalismo. Di inni al meticciato. Di wikileaks.
Fra poco
tempo tutti coloro ai quali tengo moriranno. Coloro che amo più
di ogni altra cosa hanno gambe forti e fronti alte: gli sarei solo
d'impaccio. Io devo morire poiché il conforto di mille giorni
sarà nella polvere. Fra le rovine non mi verrà certo voglia di
leggere, scrivere, ascoltare musica, disegnare. La cultura è
fatta per essere condivisa. Se disegno un casale nella campagna
romana è perché so che qualcuno, da qualche parte, ama ciò che sto
facendo. Il nulla rende tutto mediocre, avanza, stritola,
polverizza, ottunde. Una ex umanità languisce stolida,
indifferente a tutto. Ha senso leggere? Vivere? La morte mi
balla in petto da così tanto tempo.
Un mondo finisce, per
sempre, e porta nella dimenticanza il senso di interi millenni. E
io dovrei adattarmi ai nuovi baccanali dell'indistinto? Meglio
lasciarsi andare. Per trovare una persona intelligente
occorre scarpinare troppo. Non colta, intelligente. L'intelligente
lo si riconosce subito: la sua cultura è dissimulata e, prima o poi,
cede il posto a una cedevole e divertita rassegnazione. Chi è
intelligente sa; e sa che la morte costituisce l'unico orizzonte. L'etica delle persone intelligenti:
prendere tutto sul serio, sin alla disperazione, ma vivere con
leggerezza regalando l'impressione della futilità. Bene non è vivere, ma vivere
bene: l'antica sentenza reclama i diritti della ragione, come
sempre.
Disperdere la propria biblioteca (rammento la
storia d'ogni suo libro), i quadri, gli argenti, le stampe, i dischi,
le lettere (minutamente copiate, con testardaggine), i film, i
piccoli oggetti in pietra giada onice marmo - se ne vada tutto alla
malora! Via, in pasto alla feccia. Le variazioni a
carboncino della basilica di Tuscania? Con quelle potete pulirvi il
culo, naturalmente!
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