lunedì 25 novembre 2024

Ah, perché non son io co' miei malgasci?


Francesco Spizzirri mi ha mandato il seguente video, e posso immaginare come si senta emotivamente. Più o meno è la stessa cosa che provo io: siamo tutti condannati a vivere in un pianeta-prigione, ma alcune popolazioni hanno trovato il modo per rendere questa prigione meno terribile. La mia impressione iniziale, quando andai la prima volta in Madagascar nel 2003 (Francesco lo conobbi nel 2006) fu che i malgasci erano poveri, sì, ma passavano tutto il tempo a ballare e cantare, tranne le volte in cui erano impegnati nel lavoro. E, in questo caso, bisogna riconoscere che gli africani lavorano come formiche, perciò è necessario sfatare il pregiudizio che siano degli scansafatiche. Come sottofondo per questo video è stata scelta una musica occidentale, ma loro hanno i loro ritmi, le loro melodie. E ne vanno pazzi. Ricordo le chitarre basso, elettriche, che andavano avanti tutta la notte, letteralmente, fino al mattino, ma non succedeva ogni notte, bensì solo in particolari occasioni. E loro, di occasioni, ne trovavano spesso e volentieri. Poi, di tanto in tanto, arrivava in città il cantante di grido, famoso in tutta l’isola, e allora centinaia di adolescenti si assiepavano fuori dallo stadio di calcio, per entrare. La polizia usava dei bastoni per mantenere l’ordine e non dimenticherò mai quegli odiosi uomini in divisa che picchiavano dei bambini, anche se il più delle volte, per farli arretrare, bastava solo alzare il lungo bastone, facendo solo il gesto. CD-rom con le loro musiche, in cui uno o più cantanti ballano e cantano sulle spiagge o anche nei centri abitati, si vendono come noccioline e Tina, la compagna che avevo laggiù, passava molte ore al giorno guardandoli, grazie al lettore DVD, e ballando davanti al televisore. Alcuni brani musicali piacevano anche a me e per qualche giorno mi diventavano piacevoli da ripetere mentalmente o canticchiandoli sottovoce. La mattina uscivo, davo da mangiare ai cani randagi della zona e poi facevo il mio giro per la città, a volte andando a trovare qualche italiano residente, ma il più delle volte facendo tappa presso gli “street food”, per mangiare qualche leccornia, poiché gli italiani all’estero sono di un’antipatia unica, per lo meno quelli che ho conosciuto io, e quindi preferivo evitarli. Poi, la sera, aspettando il rientro di Tina, vino bianco del Sudafrica, comprato al supermercato, stando comodamente seduto sotto l’albero dei manghi. E questa, ancora adesso, è la mia idea di paradiso. Con o anche senza musichette.


2 commenti:

  1. Isciacquio,calpestio, dolci rumori, ah perché non son io co' miei pastori? Giusto Free?

    Pezzo e video coinvolgenti. Essendo noi prodotto di ibridazione animale, non possiamo non rimpiangere, per certi versi, l'atavica esistenza di matrice georgica e bucolica....

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    Risposte
    1. Tutti abbiamo i nostri "pastori", da qualche parte nel mondo e laggiù io mi sentivo un signore, mentre qua sono un poveraccio.
      Freeanimals

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