Fonte: Repubblica
Invadono i parchi cittadini e proliferano, sempre più, nelle nostre città. Ora, per arginare l’invasione dei pappagalli verdi, il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco, arriva un nuovo appello del mondo dei ricercatori e delle imprese al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica affinché “includa le specie nell’elenco delle specie esotiche invasive di rilevanza nazionale”. La mozione arriva a margine di una tavola rotonda ospitata dal Castello di San Giorgio a Maccarese, in provincia di Roma, organizzata dall’azienda agricola Maccarese (che nella vicenda è parte potenzialmente lesa con i suoi 160 ettari di mandorli che fanno gola – eccome - ai “voraci” pappagalli) e dalla Stazione Romana per l’Osservazione e la Protezione degli Uccelli (SROPU), con il patrocinio del Centro Italiano Studi Ornitologici (CISO), del WWF Italia e della Lipu-BirdLife. A firmarla esperti di tutta Italia persuasi sulla necessità di “limitare gli impatti che queste specie alloctone e invasive creano alle attività agricole”, visto e considerato che “le popolazioni appaiono in forte aumento numerico e l’idoneità ambientale del nostro Paese fa prevedere un rapido ed estremamente diffuso aumento delle aree di presenza delle due specie”.
Favoriti dal cambiamento climatico
E un potenziale alleato per i pappagalli arriva, neanche a dirlo, dal cambiamento climatico: “L’aumento delle temperature atmosferiche, dovuto ai cambiamenti climatici, potrà verosimilmente permettere nel medio periodo la colonizzazione di aree al momento non ritenute idonee”, spiegano i ricercatori. La criticità era del resto ampiamente emersa nei mesi scorsi: in Puglia, a luglio, gli agricoltori hanno chiesto a gran voce interventi di eradicamento della specie; la Regione Toscana ha approvato, su pressione di Coldiretti e con il parere positivo dell’ISPRA, un “piano di controllo” per il parrocchetto dal collare, scatenando la rabbia di alcune associazioni animaliste. Il caso limite è quello di Madrid, dove tra il 2005 e il 2021 in poco più di 15 anni sono aumentati del 665%, con danni consistenti all’agricoltura. La soluzione? Vietarne addirittura la commercializzazione.
I danni alle coltivazioni e la colonizzazione delle campagne
Le due specie sono voraci consumatrici di piante coltivate, ortaggi e alberi da frutto in primis, e danneggiano anche le alberature ornamentali, dalle quali prelevano ramoscelli per la costruzione dei nidi. Non è dunque un fulmine a ciel sereno la nota indirizzata al MASE, con la sigla di alcune tra le più importanti associazioni ambientaliste nazionali, riaccende i riflettori sulla questione. “Al momento attuale sono noti svariati episodi di danni, anche ingenti, a varie attività agricole provocati dal parrocchetto dal collare e dal parrocchetto monaco, sebbene manchi ancora una visione d’insieme del problema”, si legge nella mozione.
“Con strategie differenti, le due specie partono delle nostre metropoli per diffondersi nelle campagne. – spiega l’ornitologo Fulvio Fraticelli, presidente delle Stazione Romana per l'Osservazione e la Protezione degli Uccelli – Il parrocchetto monaco, per esempio, colonizza letteralmente i centri urbani periferici: da Roma, si è diffuso ovunque, lungo la linea costiera, fino a Civitavecchia, abbia trovato giardini o oasi verdi con piante idonee. Il parrocchetto dal collare, invece, preferisce una vita da pendolare: fa base all’interno del raccordo anulare metropolitano e compie migrazioni quotidiane fino a cento chilometri di distanza, per poi rientrare in dormitori composti anche da diverse centinaia di individui, come quello vicino alla stazione San Paolo, che ha creato non pochi disagi ai residenti”. Già, perché un altro riflesso condizionato dell’invasione delle specie aliene è l’inquinamento acustico, legato alla sonorità di un verso che attenta, all’alba e al tramonto, alla quiete pubblica. E il campanello d’allarme lanciato in queste ore sottolinea anche nuovi rischi per le superfici di coltivazioni, “in particolare vigneti, al momento apparentemente non soggette a danni da parte dei parrocchetti, ma che lo potrebbero essere una volta confermata e stabilizzata una specifica cultura nelle due specie”.
Servono soluzioni condivise, no al fai da te
Di qui la necessità, emersa nel corso della tavola rotonda e tradotta nel documento sottoscritto dai partecipanti, di una presa di posizione del ministro e, al contempo, di una attivazione da parte delle amministrazioni pubbliche, le prime “sentinelle” del territorio: no al fai da te (“interventi estemporanei di allontanamento delle specie questi potrebbero portare a risultati controproducenti”), sì a una pianificazione condivisa. “In attesa che sia l’Unione europea a farsi carico, in modo finalmente strutturale, di un problema che non è solo italiano”, annota Emiliano Mori, ricercatore del CNR ed esperto delle due specie. Un problema che richiede soluzioni efficaci. Tra queste, si fanno largo una sensibilizzazione diffusa dei cittadini (dare da mangiare ai pappagalli incentiva la formazione di nuove colonie) e la rimozione di nuovi nidi in costruzione, eliminandoli quindi prima che avvenga la riproduzione.
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