A
questa ragazza dagli occhi felini abbiamo prima provato a farle conoscere un vazaha e poi, dopo qualche mese, a regalarle un cellulare a
cui ci teneva, magari per intessere quelle relazioni, foriere di sbocchi
matrimoniali, che la ragazza povera di un villaggio di poveri pescatori ha
obiettivamente difficoltà a intrattenere. Ebbene, sia col vazaha, sia col cellulare è andata buca. Non ha funzionato.
Nel secondo caso proprio in senso letterale. Se Mauro Venz avesse intenzione di
trovare una brava ragazza, che a Sacile non era stato capace di trovare, o di
sperperare i suoi soldi con le makorele, non mi era chiaro all’inizio, quando lo mettevo in guardia sui
pericoli del Madagascar. Poi, finiti i due mesi della sua permanenza, si è
saputo cosa ha scelto di fare. Affari suoi! Per Natascia è stato meglio così,
benché lei sia ancora in cerca di un fidanzato e, sperabilmente, di un
fidanzato vazaha, che le
garantisca un futuro di sicurezza economica. Per il momento, deve accontentarsi
di fare la venditrice di pesce al mercato di Tulear, anche se ieri sono venuto
a sapere che il pesce è merce così richiesta in città che c’è qualcuno che va
direttamente in casa sua, molto spesso, a rifornirsi, così che lei non è
obbligata a prendere tutti i giorni il pick up brousse da Ankilibe a Tulear, con la bacinella del pesce.
Tutti
i suoi sette fratelli maschi sono pescatori. Escono in mare a tutte le ore del
giorno e della notte, con le piroghe. Le sei sorelle invece si occupano della
vendita del pescato. E questa è la divisione dei compiti in tutti i villaggi
della costa malgascia. Quando si dice pescatori, in Madagascar, si pensa subito
ai Vezo, ma Natascia è di etnia Mahafaly. Il suo vero nome è Narisoa Lucienne e
qui verrebbe spontaneo pensare che Luciana sia il nome di battesimo, mentre
Narisoa sia il cognome. E invece, Lucienne è il nome di sua madre, che è come
un nome di famiglia, e Narisoa il suo vero e proprio nome. Natascia è solo il
soprannome.
Altra
curiosità: gli anni. Poiché non sa se è nata nel 1983 o nel 1984, non sa dire
se ha 30 o 31 anni. Di solito, un’incertezza sull’età è comprensibile nelle
persone anziane nate nella prima metà del secolo scorso, ma per la gente della brousse può succedere la stessa cosa. Se poi due genitori
hanno 13 figli, non li si può criticare se dimenticano le date di nascita di
alcuni di loro. Anche l’anno scorso mi era capitato di conoscere una donna di
Besely Nord, madre di Efita, che non sapeva dirmi quanti anni avesse il suo
bambino malato. Aggiunse che la sera lo avrebbe chiesto a suo marito, che
“aveva studiato più di lei”. Io ho dei seri problemi con i numeri – e con il
denaro – ma qui in Madagascar c’è chi mi batte, su questo terreno.
Dopo
che il promesso fidanzato vazaha,
che io e Tina volevamo farle conoscere se n’era tornato in Italia, a Narisoa è
successa una disgrazia: è morto il papà. Tredici figli, tutti insieme, di
colpo, orfani. E’ successo il 27 marzo scorso e si sa anche, o almeno si
sospetta, chi è stato a farlo morire. Si tratta di una donna invidiosa, una certa
Zahany, appartenente alla stessa comunità luterana di cui tutta la famiglia di
Narisoa fa parte. Nessun provvedimento è stato preso nei suoi confronti, perché
non ci sono prove, ma gli abitanti di Ankilibe sono perfettamente convinti che
a fare il Gri Gri ai danni del padre di Narisoa sia stata proprio quella donna.
Il movente? La pura e semplice gelosia verso una famiglia numerosa e felice.
Martin Lutero, nella sua tomba in Germania, forse è un po’ triste per questi
risultati. Forse, se i luterani malgasci la smettessero di pensare solo a
cantare e ballare la domenica!
Avremmo dovuto andare io e Tina ad Ankilibe a portarle l’agognato cellulare e
l’avremmo fatto se la malaria non mi avesse inchiodato a letto. Così lunedì 15
settembre è venuta lei da noi, come il famoso Maometto dell’ancora più famosa
montagna. Ha preso appuntamento con Tina grazie al cellulare di ultima
generazione che si era fatto prestare da uno dei fratelli. Si è fermata a
pranzo, ha visto la televisione sdraiata sul divano, ha fatto la doccia,
abbiamo fatto le foto di rito della consegna del dono, durante le quali Tina
faceva la buffoncella (poi ho capito perché) e verso le quattro ci ha
accompagnato a prendere il ciclo pousse. Ovviamente, noi abbiamo pagato anche il suo, essendo nostra ospite. E’
stato solo dopo che se n’era andata, quando cioè ho chiesto a Tina se Narisoa
era rimasta soddisfatta del dono, che sono venuto a sapere che alla fine Tina
aveva deciso di non darglielo, perché non si può regalare un cellulare che non
funziona.
Infatti, quando ancora stavamo facendo le foto, mi ha chiesto se non mi
vergognavo a regalare cose rotte. E’ vero, non si regalano cose rotte, ma
l’idea di regalarlo alla sua amica era venuta a lei, ancora agli inizi di
luglio, e la mia proposta era che lo vendesse a quei ragazzi che stazionano
giornalmente sugli Arabeny di Antananarivo e che trafficano in cellulari. In
Italia, ai mercatini non avrei potuto chiedere più di tre euro, essendo privo
di caricabatteria. A Tanà, se anche Tina ricavava 1.000 ariary, era tutto
grasso che cola. Quei ragazzi sono dei maghi in fatto di telefonini e lo
avrebbero rimesso a posto, per poi rivenderlo. E invece, Tina volle fare bella
figura con la sua amica Narisoa. Così dovemmo chiedere a destra e a manca, in
diverse città, per trovargli il caricabatteria adatto. Dovemmo spendere dei
soldi per pagare Galah, marito di Nazma, che lo mettesse in sesto, per avere
poi alla fine il risultato che si è visto. Evidentemente, anche Galah, che pure
aveva fatto riaccendere tutte le lucette del cellulare al punto giusto, non ha
trovato la vera causa del guasto. Dalle mie parti si dice: “Lis robis lungjs
deventin madracs”, le cose lunghe
diventano serpenti. Dopo quasi tre mesi, quel serpentello di plastica e metallo
dotato anche di coda, ha iniettato il suo veleno un po’ a tutti, a Narisoa in
particolare, ma anche a me che avrei potuto venderlo a qualche marocchino
sfigato per 50 centesimi, dei tre euro del prezzo di partenza.
Carina la ragazza! ;)
RispondiEliminaTi sei fatto tentare, eh?
EliminaMa solo in via teorica...!
EliminaPerò...il Madagascar è roba per vazaha col pelo sullo stomaco... Ed io ormai mi sono rassegnato a una vita di studio e alla pace dei sensi
RispondiEliminaMa non avevi trovato una negretta?
EliminaLa negretta è tornata in Kenya... Ah questo mal d'Africa!
EliminaAlmeno le malgasce LO AMMETTONO ESPLICITAMENTE che le relazioni UOMO-DONNA sono sempre e SOLO una questione economica...
RispondiEliminaNon esiste ipocrisia culturale, infatti.
EliminaEd è già una bella cosa...!
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