Finalmente,
dopo anni che ne sento parlare, posso dire di avere le prove che un traffico di
ossa umane, in Madagascar, esiste, giacché ne ho visto un sacco gettato ai
piedi di un albero durante la passeggiata che io e Tina abbiamo fatto nella
vicina foresta di manghi domenica 31 agosto. Anche la mia testimonianza visiva,
come succede con gli avvistamenti ufologici, è già una prova del fatto che
questo preciso fenomeno è reale. Resta da capire chi è il mandante, cioè a cui
prodest, poiché continuo a rifiutare
la versione fornitami da mia moglie secondo la quale a comprare ossa di morto
sono i vazaha. Io propendo
piuttosto per gli stregoni, conosciuti con il nome di ombiasy. Tuttavia, che in Occidente vi sia richiesta di
parti del corpo umano è acclarato e le tre principali categorie di compratori
sono le industrie farmaceutiche, i ricchi anziani che abbisognano di organi per
i trapianti e quei degenerati che fanno “snuff movie” e sacrifici umani. Di quest’ultima categoria di
criminali si sa poco, ma sappiamo che esiste perché ne vediamo gli effetti e
ogni tanto se ne parla in cronaca nera. Riguardo al traffico di organi per i
trapianti, anche questo criminale, si parla di bambini rapiti in Sudamerica e
in altre parti del mondo, non escluso il Madagascar, mentre con le industrie
farmaceutiche già ci muoviamo nell’ambito della legalità.
Non sono in grado di dire quanti bambini scompaiono ogni anno in Madagascar,
anche perché nelle principali città ci sono orfani che vagano alla ricerca di
cibo senza che nessuna autorità si preoccupi nemmeno di farne un censimento, ma
in Italia sappiamo che sono circa 2.000 i bambini che mancano annualmente
all’appello, sui quali si possono fare le peggiori congetture. Mi diceva l’anno
scorso un italiano conosciuto all’Esterel di Tulear che in Madagascar si
contrabbanda un po’ di tutto, specie nel Canale di Mozambico, lasciandomi
intendere che anche parti di corpi umani rientrano nel novero di tale mercanzia
illegale. Per quel che ne so, le industrie farmaceutiche potrebbero ricercare
cervello e organi genitali dei bambini malgasci per estrarne le ghiandole, nel
caso del cervello quella pineale, ma per i trapianti è necessario che l’organo
sia fresco, appena estratto dalla sua sede naturale e non credo che i contrabbandieri
si spostino, a bordo dei loro motoscafi veloci, con i glaciers da pic nic pieni di reni, fegati e globi oculari. Ci
sarebbe bisogno del bambino intero vivo.
Questo
traffico, reale o meno che sia, ha già prodotto alcune vittime: Roberto Gianfalla,
il suo amico francese e lo zio malgascio di un bambino trovato cadavere a Nosy
Be nell’ottobre scorso, tutti e tre torturati, linciati e alla fine bruciati
dalla folla inferocita, proprio con l’accusa di traffico di bambini. Sappiamo
che la folla inferocita agisce sull’onda dell’emotività e in base a istinti che
nulla hanno di razionale (casi simili accadono anche in Brasile), ma qualcosa
di vero, stante l’innocenza dei tre malcapitati, ci deve essere. E’ anche
probabile che le autorità sappiamo, proteggano i veri responsabili e lascino
che ad andarci di mezzo siano degli innocenti, dati in pasto alla folla su
istigazione delle autorità colluse stesse. Nel caso di Nosy Be è stato un
esponente politico, poi arrestato, a gettare il discredito sui due vazaha, attraverso una radio locale.
Ammettiamo
dunque che bambini malgasci vengano rapiti e in qualche modo trasferiti fuori
dall’isola, destinati poi ai docu-film violenti, al traffico di organi e
all’asportazione delle loro ghiandole per usi farmaceutici, la domanda che mi
pongo è: a chi possono servire delle ossa umane, quando i mattatoi sono in
grado di fornire tonnellate di ossa animali?
Lasciando in sospeso questa domanda, che potrebbe trovare risposta proprio nei
riti stregoneschi più segreti, subito dopo il fortuito ritrovamento,
continuando la nostra passeggiata, si è formato un capannello di persone a
commentare il fatto con Tina, tra cui il guardiano del terreno che non solo ha
detto che il sacco d’ossa è lì da cinque giorni, ma anche di aver visto in
pieno giorno un ragazzo in bicicletta scaricarlo sotto il mango e allontanarsi
velocemente. Tina sostiene che il mandante, dopo aver esaminato la merce, l’ha
rifiutata, così che al profanatore di tombe non è restato altro da fare che
disfarsi dei macabri resti. Nella stessa zona l’anno scorso in un pozzo
inattivo erano state gettate ben due valigie piene di ossa, probabilmente per
lo stesso motivo.
Data
un’occhiata veloce, a me è parso trattarsi di ossa lunghe, come quelle dei
femori, e probabilmente di più persone. Avendone estratta qualcuna per
fotografarla, poi Tina non ha assolutamente voluto essere toccata da me, con la
mano con cui avevo toccato le ossa, più per motivi superstiziosi che per motivi
igienici. Per fortuna avevo con me le salviette imbevute. Chiesto ai presenti
perché non viene fatta intervenire la polizia o almeno il fokontany, cioè il capo villaggio, mi è stato risposto che la
polizia non si muove per simili stupidaggini e il podestà non saprebbe dove
buttarle. Si tratterebbe di toglierle da un posto per depositarle in un altro,
ma io mi chiedo a questo punto perché almeno qualcuno non le seppellisca.
Un
altro aspetto antropologicamente interessante è che dopo avermi visto nelle
vicinanze (siamo andati al villaggio vicino a salutare Madame Ursula, la vedova
di un francese), la gente potrebbe cominciare ad associare me alle ossa e
sospettare che io c’entri qualcosa. Aver mostrato le foto in memoria nella
macchinetta digitale ad alcune comari sulla strada, non è stata, forse, una
bella mossa, ma è stata proprio Tina a dirmi di farlo. Evidentemente, lei le
conosceva e io tendo a fidarmi di lei. Se fra qualche giorno la polizia verrà a
cercarmi ve lo farò sapere, ma io al momento sono tranquillo. Intanto devo dire
che, essendo uscito a fare una passeggiata per cercare animaletti, ho fatto
questo macabro incontro in ossequio al principio della Serendipity. Ed è la
prima volta che vedo ossa umane così da vicino, se escludiamo i teschi di un
monastero di Cuzco.
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