Testo
di Carlo Bertani
Ma
c’è qualcuno che lotta in silenzio contro questa classe politica: lo fa senza
proferir parola, senza impennate, senza scendere in piazza.
Sono
anch’essi disperati: sono i cosiddetti “cervelli in fuga” che non sono soltanto
“cervelli” ma anche braccia: ad Ottobre, il mio pescivendolo se ne andrà in
Gran Bretagna, perché là cercano gente brava per sfilettare il pesce...non
saranno più orate e branzini, ma aringhe e merluzzi...e allora? Sempre pesce è:
magari c’è più lavoro nel settore del sushi...e lo stipendio? Non può parlare
troppo perché il padrone lo osserva...ma fa un gesto con la mano che è più che
eloquente. Se
ne vanno tutti, ingegneri e falegnami, medici e gommisti...chiunque sappia far
bene una cosa non ha motivo per rimanere in un Paese dove le occasioni sono
pochissime ed incerte mentre le tasse sono altissime e garantite: non mi piace
citarmi, però già nell’Aprile del 2009 mettevo in guardia contro questa rovina
in “Questo è un Paese per vecchi”.
Scappano
ad un ritmo sempre più serrato: gli italiani all’estero, a fine 2012, erano
4.341.156, con un trend in aumento di 132.139 unità. Il 44% è rappresentato da
neolaureati che non hanno trovato occupazione in Patria.
Anche
queste cifre, però, rischiano d’essere aleatorie e traballanti: perché? Poiché
provengono dalla banca dati del Ministero degli Esteri, il quale è un database
al quale ci si deve iscrivere: cosa vuol dire? Che l’iscrizione è volontaria: i
nostri lavoratori all’estero potrebbero essere molti di più e nessuno lo sa.
Qualcuno sa – censimenti a parte – quanti sono gli extracomunitari presenti nel
Paese? E i sans-papier?
E
s’aggiungono anche le persone di mezza età: scusate, ma questi meritano
veramente una medaglia d’onore, perché non è facile lasciare l’Italia a 50 anni, dimenticare il caminetto che costruisti vent’anni
prima, sperando che quello fosse il punto d’incontro di una famiglia felice.
Invece, fai le valige e vai in Canada od in Australia e ricomincia da capo: se
quelli che si sparano un colpo meritano tutta la nostra pietà ed umana
comprensione, quelli che reagiscono e ci provano di nuovo meriterebbero sì la
“medaglia del coraggio”.
Infine,
ci sono anche i pensionati i quali, invece di mangiare – qui, in Italia – pane e
latte con le loro pensioni, scappano, vanno in posti come L’Argentina o le
Canarie dove, almeno – grazie alla moneta od al diverso potere d’acquisto –
possono permettersi anche, ogni tanto, due fette di pesce spada. La Patria? Ah,
terra grifagna...
Cerchiamo
di tirare le somme di questa analisi.
Una
“leva” è composta – oggi – da 460.000 nuovi nati italiani e da 70.000 infanti
stranieri. Vent’anni fa, gli italiani erano 550.000 e gli stranieri 20.000
(tutte le cifre sono state arrotondate).
Che
il “seme italico” stia percorrendo un lungo ed inevitabile declino, già lo
sapevamo: che succede se, di quel mezzo milione circa, se ne vanno ogni anno
in...facciamo 50.000?
Ve
lo dico io che sono stato insegnante: se ne vanno i migliori, quei 3-4 per
classe che fanno la differenza.
Col
tempo, emigreranno anche 2-3 che andranno a fare i falegnami od i saldatori,
così – in Italia – rimarranno i peggiori. I figli degli extracomunitari seguono
un percorso similare, ma pochi riescono ad emergere, almeno per ora.
Una
parte dei bimbi-minkia rimanenti si sistemerà – grazie ai buoni uffici di papà
e mammà – in politica, andranno ad ingrossare le fila di quel milione
d’italiani che campa credendo d’essere classe dirigente. Diventeranno, così,
mezza-età-minkia ed anziani-minkia: ma benestanti ed in buona salute.
Gli
altri, si leveranno il sangue per pagare fior di tasse (e mantenerli) e
seguiranno una vita ritmata dai piani industriali di Marchionne e dalle
promesse del Renzi di turno. Moriranno poveri, senza mai arrivare ad uno
straccio di pensione, perché i bimbi-minkia, quando cresceranno, alzeranno
l’asticella ogni anno. Già lo fanno oggi, figuriamoci domani: un vero e proprio
scenario da Orwell. A ripensarci, meglio Huxley con le sue allucinate felicità.
Andandosene,
si raggiungono due specifici obiettivi: si campa meglio, al diavolo tutta la
retorica sul “belpaese” e sulla patria. Magari non ci sarà il mare o il bosco
di casa, ma tornate a chiedere a quelli che hanno mare e bosco come campano.
Il
secondo obiettivo è meno appariscente, ma più “strategico”: mi dite voi, come
farà a sopravvivere (od a decollare economicamente) un Paese che non ha un
futuro industriale, un futuro agricolo e nemmeno turistico? E quando non ci
saranno più teste pensanti (che già oggi contano poco o niente)?
Sarà
una nazione che crollerà lentamente, ma più in fretta del previsto: più in là
non mi spingo – la mia età non me lo consente – e ci sono giovani scrittori che
hanno bisogno di scrutare il futuro: lo facciano, si divertano e soffrano un
poco anch’essi.
Da
parte mia, ho già scelto: Madeira. Dovrò prima mettere a posto alcune cose,
mettere in mare la Gretel e poi veleggiare. Le mie ceneri riposeranno in
Atlantico? Non importa: il mare, a pensarci un attimo, è uno solo che tutto
circonda ed accarezza. Sono gli uomini a dargli tanti nomi diversi, per
distinguersi gli uni dagli altri e dimenticarsi così che non esistono le razze,
ma solo la specie.
L’intero
articolo QUI.
Nessun commento:
Posta un commento