Prima
viene a dirmi che devono dare il veleno al mais, poi mi dice che devono solo
fargli prendere aria, svuotarne i sacchi e mescolare il contenuto, in modo che
chicchi grandi stiano insieme a chicchi piccoli e alla fine mi conferma che,
oltre a questa miscelazione, devono anche dare la polvere medicamentosa contro
i curculioni.
“Tina,
Tina, le informazioni sono importanti”, le dico sconsolato. Chiama Nary, il nostro guardiano di quando ci assentiamo, che viene a farsi fotografare con
il sacchetto incriminato. E’ una polvere bianca che Alifeno, il padre adottivo
di Tina, sparge sul mais a mani nude, come facevano una volta i contadini
quando seminavano. I suoi aiutanti, tra cui Nary, s’incaricano di mescolare il
tutto camminandovi sopra. E’ la stessa tecnica usata nelle risaie, solo che al
posto dei piedi umani in quel caso si usano le zampe degli zebù, fatti
camminare nel fango avanti e indietro.
L’insetto
che danneggia i raccolti di mais credo sia il punteruolo, nome comune
attribuito alla famiglia dei curculionidi. Ogni tipo di cereale ha il suo
punteruolo e quello di cui si sente parlare più spesso, almeno dalle nostre
parti, è il punteruolo del grano. Per la verità, anche il mais pieno di piccoli
coleotteri neri potrebbe essere venduto – e c’è chi lo compra – ma il prezzo
sarebbe stracciato. Per tale ragione, i produttori o, come in questo caso, chi
fa business con lo stoccaggio, preferiscono distribuire il veleno al mais,
contaminando se stessi e il prodotto finale, che poi è destinato a usi alimentari.
Se c’è una cosa che i contadini occidentali e quelli dei tropici hanno in
comune, è la noncuranza con cui spargono veleni che poi devono necessariamente
finire da qualche parte. Nella fattispecie, nello stomaco dei consumatori.
Le
logiche del profitto – e sotto certi aspetti non gli si può neanche dare torto
visto che perderebbero il 90 % del raccolto – inducono ad essere cinici nei
confronti della salubrità del cibo. Un funzionario malgascio della Sumitomo Chemical Company, con sede in Giappone, s’incaricherà di tranquillizzare il
cliente presso il negozio di agraria, giurando sull’assoluta non pericolosità
del Sumithion 5, usato oggi 13 settembre, nel cortile di casa, davanti ai miei
occhi, dal padre di Tina e dai suoi aiutanti. Il quantitativo di mais trattato
non si conosce perché i sacchi non sono mai stati pesati, ma calcolando 50 Kg
di mais per una trentina di sacchi salta fuori qualcosa come una tonnellata e
mezza di mais. Un chilo di Sumithion 5: un piccolo granello d’incenso
sull’altare dell’inquinamento ambientale.
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