Se siamo anime che
vengono sulla Terra per fare esperienza, i tre personaggi che vado a
descrivere hanno tratto ciascuno un insegnamento dalle proprie
azioni. La pecorella ha imparato che questo è il pianeta della causa
e dell’effetto. Il lupo ha imparato (ne ha avuto conferma) che questo è il pianeta dei
rapporti di forza. Il pastore d’anime ha imparato che cercare di
contrastare le due leggi della causa-effetto e dell’Homo homini
lupus è fatica sprecata. Ubi major, minor cessat e il pastore ora sa
che le leggi della sopraffazione sono molto più forti delle leggi
dell’amore e della compassione. Eppure, il pastore sa che
appartarsi con una ragazza ubriaca e mettersi a decantare poesie è
infinitamente più giusto e più bello che strapparle di dosso i
vestiti, spingerla a terra sotto un albero, riempirle la faccia di
pugni e inserire a forza il proprio organo genitale nel suo. Anche il
magrebino lo sa, ma non se ne cura perché il suo testo sacro gliene
ha dato avallo e autorizzazione e per lui, secondo la sua personale
valutazione dell’ubi major, minor cessat, un brutale rapporto
sessuale non consenziente è preferibile alla declamazione di inutili
poesie.
Anche la ragazza ora lo sa.
Indi per cui, siccome
tutt’e tre le anime lo hanno sperimentato de visu, potrebbero
benissimo lasciare questo pianeta prigione e tornarsene da dove sono
venute, in seno alla Grande Anima Mundi che qui ce le ha mandate, ma
nessuna delle tre lo farà. Non è ancora arrivato il loro momento.
Nel frattempo, a questa scabrosa storia, vanno aggiunti altri
particolari, soprattutto per quanto riguarda i personaggi nascosti, i
convitati di pietra, che non dicono niente ma che fanno ugualmente
pesare la loro presenza ingombrante: i disagi adolescenziali della
pecorella e le rispettive culture dei due protagonisti maschi della
vicenda. Il lupo predatore riteneva fosse suo diritto approfittare di
una pecora ubriaca, mentre il pastore custode d’anime riteneva
fosse suo diritto istituzionale impartire lezioni di vita a un membro
del suo gregge.
La pecorella in cerca di
sballo veniva da un contesto sociale intriso del concetto di
peccaminosità e aveva interiorizzato l’idea che sesso e politica
sono cose sporche. Siccome qui la politica non c’entra, la ragazza
si era ubriacata per avere il pretesto di uscire dalla gabbia mentale
dell’educazione morale ricevuta e per fare l’esperienza della
trasgressione. Ci è riuscita. A suo danno.
Il nordafricano veniva
da un contesto tribale intriso del concetto di superiorità etnica
nei confronti dei crociati che vivono sulla sponda settentrionale del
Mediterraneo, nei confronti dei quali – ipse dixit Mohamed –
tutto è lecito.
Il prete crociato veniva
da un contesto sociale in cui oltre alla Bibbia aveva studiato i
filosofi classici pagani che, con il loro buon senso, hanno avvertito
chiunque voglia stare ad ascoltarli che chi semina vento, miete
tempesta. Se tu, pecorella di sesso femminile, riduci per droga o per
alcol le tue capacità di vigilanza difensiva e ti allontani dalla
protezione del gregge insieme a un lupacchiotto ingrifato, poi non
venire a lamentarti se ti ritrovi seminuda, con i vestiti strappati e
magari anche inseminata. Gli autori classici greci e latini, in
quanto essi
stessi anime
in cerca d’esperienza, sono passati prima di noi attraverso queste
vicende
e
lo avrebbero facilmente
sottoscritto.
Il
sacerdote non ha fatto altro che riportare le loro sagge parole.
Ma
il sacerdote non si è accorto che i tempi sono cambiati, che ora
viviamo in un periodo storico dove la verità è disprezzata
e in cui – Papa Bergoglio insegna
– i musulmani sono nostri fratelli, anche
quelli che stuprano le nostre pecorelle. E qui infatti salta fuori il
convitato di pietra che, con il suo sguardo raggelante, sgrida il
prete e lo colpevolizza per aver detto un’ovvietà. La curia lo ha
redarguito e il buon pastore d’anime, non volendo perdere il suo
posto di lavoro nel mondo – e non volendo fare l’esperienza
dell’ostracismo – si è dichiarato pentito di aver detto che il
re è nudo e che gli africani, semiti o camiti che
siano, sono
da considerare tutti
stupratori potenziali
di femmine caucasiche.
Morale della favola.
I padroni
del mondo, nonché reggitori di popoli e propagandisti di realtà
virtuale ma non virtuosa, vogliono che si abbia un occhio di riguardo
per i predatori nostri ospiti, vogliono che i saggi pastori siano
messi a tacere e che le vittime di stupro vadano con Dio. Alla fine,
che è anche un inizio, vissero
tutti infelici e scontenti. Come
previsione, poiché anch’io mi considero un pastore d’anime,
benché laico e blogger, mi permetto di pronosticare che i lupi
predatori sessuali e le pecore vittime di stupro aumenteranno
progressivamente di numero, mentre i pastori cassandre saranno messi
a tacere finché il loro lamento sarà sempre più flebile e si
estinguerà. Come conseguenza di tutto ciò, nel caos generale, i
parenti delle vittime si faranno giustizia da soli, e molti lupi
verranno appesi alle pensiline delle fermate dell’autobus,
ma anche i membri del clan lupesco non staranno a guardare e
reagiranno a loro volta, spalleggiati dal loro osceno testo sacro. E
sarà la guerra civile. L’antica
guerra tra pecore e lupi, in versione moderna.
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