Da tempo sospettavo che dietro la fede in "Glesie furlane", da parte di Don Mauro, ci fosse tutto un mondo da scoprire. Ieri sera a Venzone ne ho avuto conferma. Mentre Don Mauro, che poi Don non è, entrava in chiesa per assistere a una veloce funzione religiosa, io ho dato una sbirciatina alle famose mummie, senza vederle dal vero, poiché si doveva pagare un biglietto, ma limitandomi a guardare la tabella riassuntiva esterna (vi era raffigurato anche il gobbo). C'erano 15 foto, di altrettante mummie. Alla successiva presentazione del libro di Don Antonio Bellina, questo sì vero Don benché defunto, c'erano più di 15 persone, ancora vive ma piuttosto anziane. C'era anche un cane: il mio. Io mi sono seduto in fondo, con le spalle al muro come si conviene a Belzebù in incognito, e Pupetta è stata buona tutto il tempo.
Se mi è permesso fare un paragone, anche se può dar fastidio a Don Mauro leggerlo, come solo può dar fastidio la verità, secondo me c'è un parallelismo tra l'età venerabile dei presenti e la venerabilità della lingua friulana, visto che l'autore del libro, Don Bellina, scriveva solo in friulano. Quando i fautori della conservazione della nostra memoria storica e linguistica non ci saranno più, che fine farà la lingua friulana? Ci sono nuove generazioni che la parlano o che sono intenzionate a tenerla in vita? Una lingua rimane viva finché c'è qualcuno che la parla, altrimenti succede come con il latino, definito lingua morta e trasformatosi in qualcosa d'altro. Se è vero che nel Nuovo Ordine Mondiale il mezzo miliardo di schiavi previsti parleranno una sola lingua, non credo che il friulano esisterà ancora poiché gli Oligarchi, sempre secondo me, non hanno interesse nemmeno a mantenerlo vivo a livello accademico.
Don Mauro non ci sente da quell'orecchio. Pensa che io mi sbagli e se devo dire la verità anch'io
spero di sbagliarmi. Ma intanto eravamo lì, domenica 20 novembre, nella sala conferenze della parrocchia di Venzone, ad ascoltare Don Rizieri De Tina, anche questo vero Don a differenza di Mauro. Don Rizieri, un nome che è tutto un programma e dal sapore medievale, parlava ovviamente solo in friulano e ha raccontato molti aneddoti della sua attività di sacerdote. La mia impressione è stata che lo scopo della sua relazione non era solo quello di descrivere il contenuto del libro di Don Bellina, ma anche di tenere un sermone ai presenti. Mi sarei stupito del contrario. Un prete è sempre un prete, anche quando tiene la presentazione del libro di un suo collega.
Due aneddoti raccontati da Don De Tina intendo riportare. Una donna di Montenars di nome Ester aveva un marito che un brutto giorno impazzì. Le urla dell'uomo si sentivano per tutta la vallata. Alle reiterate proposte che le venivano fatte di prendersi qualche badante rispondeva: "E' mio marito e ci penso io!". Quando, dopo 15 anni d'inferno, il Signore finalmente si decise a prendere con sé l'anima persa, Don De Tina durante i funerali chiese alla donna: "Esterina, ma come hai fatto a resistere 15 anni?". "Don Rizieri, anche quella è stata vita". Il prete rimase ammirato da quella risposta, da tanta fede, caparbietà, coraggio, abnegazione e spirito di sacrificio. I preti, che non possono sposarsi, sembrano essere particolarmente sensibili a certe virtù femminili. Forse sarei rimasto impressionato anch'io dato che ho fatto da badante a mia madre con l'Alzheimer per tre anni, non avevo più una mia vita personale, e so cosa significhi.
L'altro aneddoto riguarda un giovane uomo paraplegico. Un giorno che era particolarmente depresso e non volava farsi vedere piangere dalla famiglia, chiese a suo padre: "Papà, portami fuori in giardino". Il padre eseguì. Rimasto solo, il giovane, che soffriva di quella menomazione fino al punto di aver perso la fede, si guardava attorno disperato pensando a quando ancora aveva l'uso delle gambe e meditando di farla finita. Abbassò lo sguardo davanti a sé e fra l'erba vide una margheritina. Quasi per scherzo le chiese: "Come fai tu a vivere tutta la tua breve esistenza piantata qui, nello stesso posto?". E la margherita risposte: "Io non mi guardo attorno. Io guardo in alto!". Al che, in questo che più che un aneddoto è una favola, il giovane recuperò la fede.
Don Rizieri, adeguandosi all'attuale crisi delle vocazioni che la Chiesa sta attraversando, disse tra l'altro che l'attività pastorale deve riguardare tutti i fedeli e ciascuno può fare la sua parte per vivere lo spirito evangelico. Citando il fatto che certe comunità sudamericane vedono il prete una volta al mese, date le enormi distanze di quel continente, ha esortato i presenti ad impegnarsi nella testimonianza della propria fede, senza delegare ai professionisti consacrati come lui. Che sono in pochi.
Non c'è bisogno di infastidire il prossimo (come fanno i testimoni di Geova, N.d.R) perché, come diceva Don Bellina, la Chiesa deve essere come la nonna che se ne sta zitta in un cantuccio accanto al focolare. Solo se qualche familiare le avanza una domanda ella risponde. Solo se i fedeli chiedono, allora il prete risponde. Io mi ricordo che Gesù mandò i discepoli a due a due in giro per il mondo, a predicare, ma mi sta bene anche la versione della Chiesa-nonna, taciturna ma disponibile ad elargire consigli, ché tanto non mi cambia la vita.
Alla domanda di un signore del pubblico se mai potranno esistere le donne sacerdote e se un domani anche i preti potranno sposarsi, Don Rizieri ha risposto che Dio non ha creato il prete, ma l'uomo e la donna, compresa la loro sfera affettiva e sessuale. Della presenza nella Chiesa cattolica di donne sacerdote, ha detto che potremo goderne solo dopo la nostra dipartita. Ha dato quindi una risposta ottimista, tutto sommato. Non sentite anche voi odore di protestantesimo nella "Glesie furlane"?
A me va bene tutto. Rispetto le opinioni di tutti, comprese quelle di Don Mauro, che poi Don non è, e che mi ha fatto scoprire un mondo elaborato e genuino, un po' contadinesco ma al contempo erudito, forse leggermente elitario e, proprio per questo, probabilmente senza futuro.
[N.d.R. Le foto sono di Mauro Della Schiava (il Don non Don), che ringrazio]
[N.d.R. Le foto sono di Mauro Della Schiava (il Don non Don), che ringrazio]
Credere in qualcosa di "antagonista" alla via maestra porta a pensare se convega o meno perseguire visto il probabile esito negativo nel perseguire tale scelta. In realtà la scelta stá nel voler vincere e quindi scegliere il più forte o piuttosto volere essere nel giusto a prescindere dal risultato. Così questi caparbi uomini cercano l'uomo nella sua terra quando l'uomo é divenuto probabilmente l'uomo comsumers piuttosto che l'uomo friulano. Tuttavia Diogene come Socrate cercavano l'uomo e un filosofo vale più di un mediocre che si chiede cosa gli convenga fare. Mandi
RispondiEliminaQuello che disapprovo nel pensiero di Don Rizieri è il suo entusiasmo per il gesuita rottamatore della Chiesa cattolica. Lo giustifico perché non è al corrente del piano massonico del NWO, di cui Bergoglio è principale pedina.
EliminaUna cosa invece che mi lascia piacevolmente ammirato è la volontà e la caparbietà che Glesie Furlane ci mette nel voler ricollegarsi al Patriarcato di Aquileia, correndo dietro a un prestigio e a una gloria ormai scomparsi. Sarà anche questa una forma di rispetto per le proprie radici, ma stiamo parlando di secoli fa!
Personalmente, a livello ideale, mi sento più legato ai miei antenati celti, pagani, che non agli abitanti del Patriarcato, già ingannati dal cristianesimo.