Fonte: Il Resto del Carlino
Reggio Emilia, 4 novembre 2017 – «Ho cercato di vendere il mio
appartamento qualche anno fa, ma con scarsi risultati. Motivo?
Semplice: appena gli acquirenti sentono il nome ‘via Veneri’,
c’è un fuggi fuggi generale. E vale per tutti, reggiani,
residenti fuori provincia o stranieri; ho pagato un immobile che ora
non vale più niente». Una piccola tappezzeria in via Adua è tutto ciò che è rimasto a
Renzo Bonanno («in quanto la ditta in cui lavoravo a Bibbiano ha
chiuso; a volte bisogna reinventarsi»), 49enne catanese dall’accento
inconfondibile, nonostante gli oltre vent’anni trascorsi a Reggio.
«A volte mi sembra di sognare», continua mentre si sistema gli
occhiali e il cappellino, suoi fedeli compagni di lavoro, «perché
onestamente mai avrei pensato di osservare un degrado simile in
questa città. Provenendo dal sud, Reggio sembrava un paradiso:
pulizia, cordialità e un quartiere sano era tutto ciò che cercavo.
Adeguandomi agli usi e costumi dei reggiani. Ora si regredisce ogni
giorno di più, e continuo a non trovare una valida spiegazione».
Una delusione tramutata improvvisamente in una forte rabbia: «Ho
una figlia piccola, un lavoro precario, e un appartamento in via
Veneri che non riesco ad affittare. E d’altronde come potrebbe
essere altrimenti? La zona antistante al cancello è diventato
un orinatoio, e la zona pullula di stranieri senza alcun
controllo. Nessuno comprerebbe una casa simile. Ma le tasse
continuano ad arrivare puntuali e per giunta salate, esattamente come
vent’anni fa; da allora però le cose sono decisamente cambiate. Io
mi vergogno di questa situazione, e purtroppo non vedo l’ora
di cambiare aria».
Le difficoltà della zona però non sembrano aver colpito solo
Bonanno («non so se riuscirò ad arrivare a fine mese...», il
saluto poco incoraggiante), come ci testimonia Raffaele Di Francesco,
titolare di un’attività di ferramenta, all’occorrenza adibita
all’antica arte del calzolaio: «Lo vedete anche voi: qui ormai
è un’invasione di stranieri. Ho saputo di alcuni furti subiti
da altri commercianti, e per questo motivo cerchiamo sempre di
aiutarci tra di noi. Fortunatamente non abito in via Adua; ciò non
toglie che spesso e volentieri passo di qua alla sera, per dare
un’occhiata».
Infine la vera e propria istituzione di via Adua («ormai in
Comune mi conoscono tutti; è da anni che protesto contro la
disastrosa gestione di questa zona»), ovvero Nadia Borghi,
proprietaria dell’omonima lavanderia, e presidente del ‘Comitato
Reggio Emilia cittadini Santa Croce’. Schietta, diretta, e con un
chiaro obiettivo: «La Dimora d’Abramo è diventata un’attività
di business, scrivetelo pure», sostiene. «Non è un caso che i sacerdoti fondatori abbiano deciso di
abbandonare questo progetto. In via Veneri gli stranieri si
picchiano negli appartamenti. Sono state unite varie etnie ma senza
il minimo controllo».
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