Specismo: attribuire valore alle esistenze in base alla specie. Se sei umano vali di più. Se sei cane o gatto vali meno, molto meno, ma comunque più di un topo. E chi stabilisce questo valore? In base a cosa? L'intelligenza, le dimensioni del cervello? Il tipo di linguaggio? La possibilità che abbiamo di comunicare con queste altre specie (che al limite dovrebbe stabilire i nostri limiti e non quelli degli altri animali), la loro indole più o meno addomesticabile (leggi, sottomettibile)? Il numero degli arti e come siamo in grado di usarli? L'antispecismo produce argomentazioni che dimostrano la fallacia dei parametri più comuni usati per giustificare il nostro diverso trattamento e la nostra diversa considerazione riservati agli individui delle altre specie e rileva come alla fine lo specismo si autogiustifichi in sé stesso; esso trova soddisfazione in una tautologia: considero gli animali inferiori e sacrificabili perché sono animali. Ed è una tautologia talmente radicata da non richiedere più necessità di essere sottoposta al vaglio della critica.
Ma L'antispecismo smuove queste fondamenta granitiche e si rende antipatico e insopportabile proprio perché fa tremare certezze e convinzioni. Se non sei disposto ad ascoltare è perché forse temi la cosa che fa più paura al mondo: di essere animale tra gli animali, limitato nel tempo e nello spazio, quindi di avere un corpo mortale, destinato a perire. Tutte le costruzioni umane, tanto intellettuali, quanto materiali, tecnologiche sono invenzioni tese a sconfiggere o ritardare l'evento ineludibile della nostra morte (religioni in primis. Alla faccia di quelli che vedono il veganismo, conseguenza naturale dell'antispecismo, come una sorta di religione quando è proprio l'opposto). Per questo molti odiano gli animali (teriofobia) e gli animalisti: perché entrambi riportano alla nuda verità dei fatti, cioè dei nostri corpi mortali. E forse uccidiamo, anche senza necessità, per illuderci di non essere uccisi, in una sorta di rito sacrificale.
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