Fonte: Associazione Tutela Escursionisti e Scialpinisti
La magia dei nomi: se chiami un ristorantino alberghetto col nome di rifugio cambia tutto. C’è l’idea diffusa che chiamare “rifugio” un ristorantino alberghetto in montagna lo nobiliti, lo renda ecologico. Non è così. Non basta che un ristorantino alberghetto sia poco confortevole, che si dorma in gruppo, che ci siano pochi gabinetti, che i muri siano scrostati, che ci sia un menu limitato ed i prezzi alti, per modificarne la natura, e cioè uno stabilimento umano con presenza e via vai, che eroga un servizio di alloggio e di somministrazione pasti. Fino a qualche anno fa nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise quando scendeva il buio, la notte, il territorio diventava il regno esclusivo degli animali selvatici. 500 km quadrati di montagne e foreste a totale disposizione di orsi, lupi, cervi, caprioli, camosci. Ora invece nel Parco, nelle zone più selvagge e remote, ci sono dei nuovi ristorantini alberghetti ed una rete di alloggi albergo diffuso ricavati dalla ricostruzione di antichi stazzi abbandonati da decenni e ormai diruti. Dove era il regno degli animali selvatici, l’assoluto silenzio, la quiete, il buio, ora è un via vai di umani diurno, crepuscolare e notturno, fuochi, odori di cucina, luci, voci, suoni, odori vari, una grande quantità di escrementi umani.
Come umani siamo andati ad occupare l’ultimo ed ormai unico e disperato rifugio degli animali selvatici: il buio e la notte. Prima i 500 km quadrati del Parco erano, con il buio, un unico habitat per gli animali selvatici, un’area vasta, integra, preziosa. Ora i tanti ristorantini alberghetti e stazzi albergo diffuso (e tanti altri ne arriveranno perché è in corso un vero e proprio assalto alla natura del Parco) hanno frammentato l’habitat degli animali selvatici, creato barriere, reso impraticabili agli animali tanti territori, li si è costretti a lunghi giri per evitare i punti occupati dagli umani, li si è anche gradualmente abituati agli umani benevoli, il prodromo della confidenza, il fenomeno per cui gli animali selvatici frequentano i paesi, una minaccia gravissima per la loro incolumità che nel caso degli orsi marsicani potrebbe significare la fine della specie. Un habitat frammentato, spezzato, ridotto, limitato, reso difficoltoso, viziato, è un habitat sicuramente deteriorato, forse addirittura devastato. Eppure in Italia assistiamo ad una grandissima ipocrisia. Si definiscono ambientalisti coloro che più di tutti stanno contribuendo all’annientamento della wilderness, all’antropizzazione e denaturalizzazione delle ultime zone selvagge in Italia.
E questo avviene con gli Enti Parco, altri grandissimi ambientalisti, che autorizzano ed in alcuni casi, come nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, addirittura pubblicizzano i ristorantini alberghetti nelle zone selvagge e gli stazzi albergo diffuso. E il Ministero dell’Ambiente cosa fa? Chiamare “rifugio” un ristorantino alberghetto non cambia la sostanza, ma per miracolo arrivano tutti i permessi. I giornali e le tv ne parlano come di una grande iniziativa ambientalista. Le associazioni di “amanti della natura” tipo Club Alpino italiano ci organizzano i grandi raduni con magnata di centinaia di persone. L’assalto alla natura dei Parchi e Riserve italiane ha così carta bianca.
La magia dei nomi.
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