Credo che lo abbiano chiamato così perché lo hanno sempre visto
deambulare con il pastorale del Patriarca. Anzi, nel suo caso, con
due. A qualcuno potrebbe ricordare uno sciatore fondista, ma quel
qualcuno non sarebbe sicuramente un malgascio, visto che qui, sul
tropico del Capricorno, in pochi hanno visto la neve. Quando ieri, di
ritorno da una passeggiata alle dune fossili, dove Tina non ha
mancato di far visita ad alcuni suoi parenti, abbiamo incontrato
Abramo, mi ha sussurrato: “Stai attento. E’ uno “masiaka”,
cattivo. Poiché io non ho paura neanche del Diavolo, essendo io
stesso un diavolo, mi sono avvicinato, ho messo mano al portafoglio
(tecnica che con i malgasci funziona sempre), ho estratto alcune
cartamonete (300 ariary), gliele ho mostrate e gli ho chiesto se mi
dava l’autorizzazione a fotografarlo. Anzi, veramente ho chiesto
reiteratamente a Tina se ci fotografava insieme, ma si è rifiutata,
forse dando ascolto al suo famoso istinto o ai pregiudizi che
l’avevano portata a mettermi in guardia da quell’individuo.
Il quale, trovatosi al centro della scena, poiché subito si è
formato un capannello di persone, è partito con una filippica in
perfetto stile “gramlò”, quella specie di linguaggio
non-linguaggio reso famoso da Dario Fo. A me sembrava che Abramo
c’infilasse qualche parola francese, ma Tina lo nega. Dice che
stava usando una lingua priva di senso, utilizzata spesso dai bambini
e che in Madagascar si chiama “fahatany”. Dopo avergli detto un
paio di volte “Je ne suis pas francais”, ho capito che stava
declamando un importante discorso retorico, enunciando qualche sua
ardita teoria, magari parlando dei massimi sistemi e io ero solo un
accessorio, un elemento catalizzatore che, prima si fosse levato dai
piedi, meglio sarebbe stato. Poiché un uomo armato di bastone incute
un certo timore, un uomo armato di due bastoni incute un doppio
timore e quindi mi sono affrettato a scattargli tre fotografie, da
angolazioni diverse perché non stava mai fermo, e ho raggiunto Tina
che si era posizionata a distanza di sicurezza.
Mentre ci allontanavamo, dopo che i trecento ariary che gli
porgevo Abramo li aveva presi con noncuranza, lo abbiamo sentito
declamare ancora più forte, sempre nel suo linguaggio
incomprensibile e bisogna riconoscergli una certa bravura nel farlo.
Se posso ipotizzare una possibile origine dei suoi disturbi mentali,
la prima cosa che mi viene in mente è che Abramo sia cresciuto fin
da bambino con rabbia e invidia per i suoi compagni di giochi che
potevano correre dietro a un pallone, mentre lui era confinato nella
prigione delle sue gambe poliomielitiche, che gli hanno anche
arrestato la crescita, rendendolo simile a un nano. Oppure, altra
versione più magico-esoterica, la sua anima è stata messa nel corpo
sbagliato e protesta per questa svista del Padreterno. Protesta con
il “gramlò” e continuerà a protestare finché questo involucro
difettoso non cesserà di funzionare, liberando l’anima offesa e
dandole la possibilità di entrare nel corpo giusto. Se fossi
induista ne sarei più che convinto, ma non essendolo, ho qualche
dubbio in proposito e provo pena per Abramo e riconoscenza verso il
Caso e la Necessità che, anche se con me potevano fare di meglio, mi
hanno dato due gambe perfettamente funzionanti.
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