La prima volta che vidi un giovane malgascio indossare per strada
una maglietta con l’immagine di Osama Bin Laden fu nel 2003, nel
quartiere di Beoririka a Tanà e il primo impulso fu di correre
dietro al ragazzo e di chiedergli spiegazioni sul perché indossasse
l’effige del nemico pubblico numero uno al mondo. Il secondo
impulso, più razionale, fu di mandare il nostro autista Maurice a
comprare una maglietta simile da portare in Italia come souvenir. Nel
2003 la ferita delle Torri Gemelle era ancora aperta in Occidente, io
non avevo ancora ben chiaro cosa fosse realmente successo e migliaia
di giovani nel Terzo Mondo avevano fatto di quel miliardario saudita
il loro eroe nella lotta all’imperialismo americano. I cinesi, come
al solito, ne avevano approfittato mettendo sul mercato dei paesi
poveri quel tipo di magliette. Oggi, a distanza di 16 anni da quella
demolizione controllata che diede il via alla cosiddetta guerra al
terrore, mi ritrovo un vecchio malgascio, a Tulear, con la stessa
maglietta e i casi sono due: o i cinesi continuano a fabbricarle, ma
è poco probabile, o questo signore è riuscito a conservare bene, in
naftalina, un capo di abbigliamento che risale a tre lustri fa. Lui,
comunque, non sembrava conoscere la storia di quel signore barbuto
che portava sulla pancia.
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