venerdì 21 giugno 2024

Sgozzano i montoni e il Karma li punisce!


Fonte: Il Giornale (articolo segnalato da Francesco Spizzirri, che ringrazio)

Gli oltre mille pellegrini morti alla Mecca si devono a tre fattori: il clima particolarmente torrido, che ha raggiunto 51,8 gradi, ma che in realtà c'è stato anche in passato; la disorganizzazione cronica delle autorità saudite, incapaci di gestire circa due milioni di pellegrini «regolari», più decine, forse centinaia di migliaia di pellegrini «clandestini»; il fanatismo religioso insito nel rito del pellegrinaggio al principale santuario dell'islam, a cui sono tenuti tutti i musulmani abili almeno una volta nella vita. La presenza dei «clandestini» ha un peso significativo in questa ennesima tragedia. Basti considerare che, secondo l'Afp, degli oltre mille morti, 658 sono egiziani e, tra loro, 630, ovvero quasi il 96%, sono clandestini. Per poter partecipare al pellegrinaggio da regolari, è necessario acquisire un permesso ufficiale molto costoso. Ed è così che i clandestini, non potendoselo permettere, si intrufolano e si nascondano nella marea umana dei regolari. Purtroppo i clandestini sono più soggetti a patire le conseguenze del caldo torrido, sia perché devono fuggire ogni qual volta intravedono la polizia saudita per non essere arrestati; sia perché non possono accedere agli spazi climatizzati.


La Mecca si trova nella vallata più bassa, la più soffocante della terra, non ci sono alberi ma solo pietre aride, le montagne rocciose accerchiano la città privandola dell'aria, non ci sono corsi d'acqua, il sole cuoce la pelle del pellegrino come il fuoco dell'Inferno. Ancor prima di Maometto (570 632), le tribù arabe avevano la consuetudine di compiere il pellegrinaggio alla Mecca, dove sorgeva il più importante santuario pagano in cui si adoravano 360 idoli tra cui Allah, al fine di dimostrare la loro fede soffrendo. Solo soffrendo, a causa delle dure condizioni climatiche, acquisivano dei meriti presso i loro dei. Il pellegrinaggio alla Mecca è un rito pagano ereditato dall'islam. Secondo il Corano Sara, la moglie di Abramo, era gelosa della sua schiava Agar. Allora Abramo condusse Agar e il loro figlio Ismaele alla Mecca dove li abbandonò. Ismaele aveva sete e Agar salì sulla collina di Safa pregando Allah di aiutarla. Corse verso la collina di Marwa, pregando nuovamente Allah di aiutarla. Dopo aver percorso per sette volte il tragitto tra Safa e Marwa, distanti circa 400 metri, Allah le inviò l'Arcangelo Gabriele che batté il piede a terra e fece sgorgare l'acqua dalla fonte di Zamzam.

Quando Ismaele crebbe, Allah comparve in sogno ad Abramo indicandogli che avrebbe dovuto dare in sacrificio il proprio figlio. Abramo prese Ismaele per sgozzarlo e offrirlo ad Allah. Satana gli apparve alla «jamra», una stele o colonna di pietra, a al-Aqaba, località vicina a Mina in direzione della Mecca. Lo rincorse ma Abramo corse più velocemente. L'Arcangelo Gabriele condusse Abramo ad altre due steli e Satana gli apparve. A ogni stele Abramo gettò sette sassi e si allontanò. Da allora i pellegrini eseguono il rito della lapidazione di Satana gettando sette sassi contro tre distinti muri per commemorare la triplice vittoria di Abramo su Satana. È talmente incontenibile la foga con cui i pellegrini si scagliano per lapidare le tre steli di Satana che, a causa del sovraffollamento, si sono ripetute delle stragi di migliaia di pellegrini che finiscono calpestati. Quando Abramo si apprestò a sgozzare Ismaele, la lama scivolò sul collo senza ferirlo. Allah gli inviò al suo posto un montone di 40 anni che Abramo sgozzò a Mina. Ed è così che la «Festa del sacrificio» o «Festa dello sgozzamento» conclude il rito del pellegrinaggio. Ed è in questo contesto, che i musulmani, anche se piangono i morti del pellegrinaggio alla Mecca, si consolano con la certezza che essere morti e sepolti nella più sacra delle terre dell'islam li eleverà direttamente al Paradiso di Allah.

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