Testo di Salvatore Lazzara
Hanno assaltato la
chiesa, abbattuto e bruciato il pesante portone di legno, staccato il
crocifisso di tre metri che campeggiava dietro l’altare e dopo
averlo portato in piazza, tra risa e grida, l’hanno distrutto
calpestandolo, colpendolo con bastoni e staccandogli testa, braccia e
gambe. Non è opera dello Stato islamico in Iraq, Siria o Libia ma di
centinaia di studenti in Cile.
La triste riedizione
del calvario ha avuto luogo giovedì a Santiago, capitale del paese
sudamericano, e ha posto fine a una protesta studentesca contro il
governo. Il movimento studentesco, sempre più forte e radicalizzato
nel paese, protestava contro la mancata attuazione delle riforme
economiche e sociali promesse dal presidente di sinistra Michelle
Bachelet. Anche la riforma del sistema dell’istruzione è stata
rimandata a causa della mancanza di fondi.
Gli studenti erano in
parte armati, con il volto coperto e dotati di maschere anti-gas per
resistere ai lacrimogeni della polizia. Gli agenti in assetto
anti-sommossa sono riusciti a fatica a disperdere la folla usando gli
idranti, non prima che questa però abbia vandalizzato e profanato la
chiesa della Gratitudine nazionale. Il ministro degli Interni Mario
Fernandez ha dichiarato ai giornalisti preoccupato: «Ciò che
abbiamo visto è un sintomo molto preoccupante di quello che alcune
persone vogliono cominciare a fare al nostro paese». La Chiesa
cattolica ha chiesto che i responsabili non rimangano impuniti.
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